E’ un andamento in chiaroscuro quello relativo alla tassa sui rifiuti (Tari) nei due capoluoghi provinciali dell’Umbria, con aumenti maggiori della media nazionale a Perugia e un deciso calo invece a Terni. Questo è il quadro che emerge in Umbria, secondo l’analisi congiunta di Uil Umbria e Caf Uil Umbria, che hanno rielaborato i dati dello studio condotto su scala nazionale dal Servizio Lavoro, Coesione e Territorio della Uil, pubblicato in questi giorni e che fotografa la situazione nel quinquennio 2016-2020 con rilevazioni che hanno interessato 105 città italiane capoluogo di provincia.
L’elaborazione si basa su un campione-tipo riferito ad una famiglia di quattro componenti con un alloggio di 80 mq. Le tariffe considerate sono comprensive dell’Iva al 10% ed anche della Tefa, il tributo provinciale ambientale. Secondo lo studio della Uil Nazionale, la Tari nel 2020 è aumentata in 30 città (fra le quali Perugia), si è mantenuta stabile in 62 città (fra le quali Terni) ed è invece diminuita nelle restanti 13. Fra le top ten italiane dove le tariffe sono più elevate ben nove di esse sono situate nel mezzogiorno con il dati più elevato registrato a Trapani con una tariffa che raggiunge i 493,90 euro annui, mentre le last ten, dove le tariffe applicate sono minori figura un campione assortito di città che vanno dal nord al sud, passando per il centro Italia, con Potenza dove la tariffa si ferma ad appena 133,37 euro annui. Il dato medio si attesta comunque a 306,69 euro con un incremento dal 2019 al 2020 di + 0,8% e di + 2,4% nel quinquennio 2016-2020. Se questa è la fotografia dell’andamento nazionale l’approfondimento della UIL Umbria e del CAF UIL Umbria ha consentito di far emergere la situazione in questa regione, dove i due capoluoghi si sono mossi negli ultimi anni in direzioni opposte. Per quanto concerne Perugia, infatti, la tariffa TARI era di 305,36 euro nel 2016 ed è poi aumentata gradualmente negli anni fino a raggiungere i 347,38 euro del 2020 con un incremento di +3% rispetto al 2019 e segnando un + 13,8% nell’intero periodo. Il dato del capoluogo regionale registra un consistente allontanamento rispetto alla media nazionale che era di circa +6 euro nel 2016 ed è invece salita a +41 euro nel 2020. Diversa come dicevamo la situazione di Terni, che si mantiene nei cinque anni costantemente al di sotto della media nazionale ed anzi ampliandone il divario passato da circa -24 euro annui differenza nel 2016 agli attuali -50 euro. Tradotto in soldoni significa una tariffa annuale del 2020 pari a 256,40, ferma ormai da tre anni, ma anche un calo nel periodo 2016-2020 del -7%. Questo significa un risparmio consistente dei ternani rispetto ai perugini, che si è andato consolidando col trascorrere degli anni, passando da una differenza in meno di circa 30 euro annui nel 2016 agli attuali 51 euro.
Secondo Gino Venturi, Segretario Confederale della Uil dell’Umbria e Luciano Marini, Presidente del Caf Uil dell’Umbria, dai dati scaturiti dallo studio emerge che, se nell’anno del Covid-19, la maggior parte delle città italiane ha deciso di lasciare inalterate le tariffe della Tari, in Umbria invece, a livello di capoluoghi, si è verificato solo a Terni e non anche a Perugia. Resta il dato di fatto che la Tari è una tassa che pesa significativamente sul bilancio delle famiglie, a fronte di un servizio che presenta ampi margini di miglioramento per diventare effettivamente efficiente ed efficace. Le tariffe della Tari, infatti, dovrebbero consentire non solo la copertura dei costi di gestione del servizio ma anche consentire margini di investimenti da destinare alle infrastrutture inerenti al ciclo integrato dei rifiuti, per migliorare la qualità del servizio percepito dai cittadini. E’ di assoluta evidenza che una parte delle risorse in arrivo con il pacchetto Next Generation EU, debbano andare a finanziare adeguate politiche di investimento in questo settore nevralgico per la qualità dell’ambiente e migliorare la vita dei cittadini. E, “last but not least” agire con fermezza e decisione sull’evasione della tassa oltre che sui crediti insoluti che finiscono per gravare altrimenti sulle tasche dei contribuenti onesti.
Foto: TerniLife ©