La Regione Umbria sta riscrivendo le regole delle concessioni idriche di sfruttamento delle acque minerali in maniera unilaterale e ascoltando solo le multinazionali. Qualcuno ci vuole soggiogati alla logica estrattivista dei grandi gruppi d’interesse economici. In un settore sensibile che va a toccare un bene primario degli umbri e anche il destino di tanti lavoratori. Ma noi del Movimento 5 Stelle a questa logica non ci stiamo. Chi vuole gestire i beni degli umbri deve farlo a condizioni favorevoli per i cittadini e non solamente a vantaggio dei portatori di interesse e delle imprese. Per questo abbiamo depositato oggi i primi due emendamenti.
Il primo chiede di eliminare la vergogna degli indennizzi alle aziende nel caso in cui per gravi motivazioni, conseguenza dell’emergenza climatica-ambientale, le acque vengano riservate in via emergenziale per uso idropotabile alle popolazioni che non ne hanno accesso. La giunta vorrebbe, nel caso una crisi idrica colpisse la nostra regione e ci fosse necessità di emungere acqua dalle nostre sorgenti date in concessione, che fossimo noi a pagare e risarcire le aziende. Il secondo emendamento chiede di inserire obbligatoriamente il nome ‘Umbria’ e il nome dei comuni in cui sussistono le sorgenti nel marchio, nella comunicazione e nella pubblicità legata alla commercializzazione delle acque minerali. Questo per bloccare qualsiasi iniziativa volta a delocalizzare anche in maniera furbesca o indiretta un bene che appartiene esclusivamente ai territori e allo stesso tempo conferire il giusto valore e la dovuta centralità alle comunità che detengono tale ricchezza, rafforzando il legame tra marchio e Regione Umbria.
Il testo di legge che la giunta Tesei ha portato in discussione è totalmente inadeguato perchè fortemente sbilanciato a favore delle multinazionali. Un testo volto a sottrarre ricchezza dai territori, da chi li abita a chi li sfrutta. Una proposta che pone in posizione di vantaggio, rispetto agli umbri, chi fa profitto in un settore che si sviluppa intorno a bene unico e indelocalizzabile. Ricordo che ad oggi l’acqua da imbottigliare viene pagata cifre irrisorie, circa un euro ogni mille litri di acqua minerale, un terzo circa rispetto a quanto le imprese operanti nello stesso settore spendono per l’utilizzo delle sorgenti venete. Una cifra immensamente inferiore a quella che i cittadini umbri pagano per l’acqua che esce dal rubinetto di casa, che sarebbe un bene primario e un diritto inalienabile. Sappiamo bene come spesso con queste multinazionali sia difficile far valere le ragioni dei lavoratori durante le crisi aziendali, soprattutto quando queste vanno a sfociare in una vertenza che mette a rischio i posti di lavoro. Lo stiamo vedendo in questi giorni con lo stabilimento della Sangemini. Proprio per questo chiediamo di vincolare le concessioni al rispetto dei progetti industriali e il mantenimento dei livelli occupazionali, pena la revoca delle stesse.
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