Il Museo Civico Archeologico e Pinacoteca “Edilberto Rosa” di Amelia, negli splendidi locali dell’ex Collegio Boccarini, in origine un convento francescano del XIII-XIV secolo, ospita dal 5 agosto al 20 gennaio 2018 la mostra personale di Luciano Ventrone, “MATRIX. Oltre la realtà-Beyond reality” con l’intento di farne conoscere la produzione più recente attraverso una selezione di dipinti, in un inedito confronto con la collezione archeologica del Museo.
Alcuni dei reperti conservati al suo interno, infatti, in particolare i pregevoli capitelli dell’antica Ameria (il nome di Amelia in epoca romana), sono stati di ispirazione per l’artista, dagli inizi degli anni Ottanta, per la realizzazione di alcune delle sue famose nature morte. Lo scopo della mostra è, pertanto, quello di far dialogare la ricerca contemporanea in pittura con l’archeologia, offrendo anche al pubblico una chiave di lettura diversa della rinomata collezione museale.
La mostra, promossa dalla Città di Amelia, dall’Assessorato alla Cultura, è organizzata dall’Associazione Archivi Ventrone in collaborazione con Sistema Museo. L’esposizione, a cura di Cesare Biasini Selvaggi, sarà inaugurata sabato 5 agosto alle ore 21.00.
Luciano Ventrone nasce a Roma nel 1942. Nel 1983 un articolo scritto da Antonello Trombadori su “L’Europeo” induce lo storico dell’arte Federico Zeri a interessarsi dell’artista suggerendogli di affrontare il tema delle nature morte. È qui che inizia la lunga e ancora non completa ricerca sui vari aspetti della natura, catturando particolari sempre più dettagliati e quasi invisibili a “occhi bombardati da milioni di immagini”, quali sono quelli degli uomini della nostra epoca.
Il progetto espositivo sarà scandito in due tappe. Il 5 agosto s’inaugurerà la prima fase, un’anteprima ospitata al piano terra del Museo, nelle sale dedicate alle mostre temporanee. Questa anteprima comprende una selezione di 7 dipinti recenti dell’artista, oltre a 2 opere degli inizi anni Novanta, nelle quali campeggia in primo piano la raffigurazione di alcuni reperti archeologici dell’antica Ameria.
Nel prossimo autunno prenderà, invece, il via la seconda fase del progetto espositivo, con la sua estensione a un’antologica di dipinti di Ventrone (circa trenta) che saranno distribuiti nelle sale espositive ai piani superiori, in dialogo e in confronto diretto con l’ampia collezione museale. Il titolo della mostra deriva dal termine latino “matrix” (“generatrice/matrice”).
In questo caso, la matrice rappresenta una sorta di realtà simulata dagli atomi che organizzano ogni cosa intorno a noi, nel mondo fisico o in natura. I soggetti rappresentati da Ventrone, come le sue proverbiali nature morte, non vanno mai visti pertanto come tali, ma astrattamente, nella traduzione pittorica della loro struttura atomico-molecolare. Per la loro comprensione è richiesta prima un’osservazione ravvicinata, quasi da microscopio, per poi allontanarsi dai dipinti. Prendendone le distanze. Ed ecco che luce e colore assumono unità in una forma armonica e omogenea, all’improvviso riconoscibile e familiare per lo spettatore. Che lascia la mostra con un interrogativo in più: “Chi mi assicura, a questo punto, che ciò che vedo esista, oltre che nella mia testa come idea, anche nella realtà?”.
È questa ricerca di Ventrone “dell’inganno della realtà” che ha destato, nei decenni, l’attenzione, tra gli altri, di Federico Zeri, Sergio Zavoli, Duccio Trombadori, Marco Di Capua, Vittorio Sgarbi, Achille Bonito Oliva, Roberto Tassi, Giorgio Soavi, Edward Lucie-Smith, Evgenia Petrova, Angelo Crespi, Beatrice Buscaroli.
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