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Ex Novelli, lavoratori: “No all’accordo tra azienda e sindacati”

Un gruppo di lavoratori ex Novelli si esprimono  contro l’accordo firmato al Mise dalla proprietà e dai sindacati confederali e lanciano un appello a tutti i lavoratori degli altri siti produttivi a votare “no” all’accordo nel referendum di  sabato 22 aprile.

“La versione “ufficiale” – scrivono i dipendenti ex Novelli autorganizzati – sull’ipotesi di accordo firmato il 13 aprile 2017 a Roma dalla nuova proprietà “Alimentitaliani srl” e dai sindacati confederali di settore, nella sede del MISE, esprime “soddisfazione”, ma noi dipendenti autorganizzati della exNovelli del SITO di TERNI ci chiediamo della soddisfazione di chi si parli, dato che questo accordo è tutt’altro che una fumata bianca e va respinto.

Dopo la discutibile cessione del 22 dicembre 2016 dell’azienda umbra alla calabrese “Alimentitaliani s.r.l.”, il sito di Terni è stato indicato come la principale fonte di “ridondanza” occupazionale, ma nonostante la volontà di tagli al personale ha continuato un percorso di pesanti sacrifici per i lavoratori, contrassegnato da incertezze sulla fruizione dei contratti di solidarietà, dalla sospensione di accordi sindacali già sottoscritti e, soprattutto, da un clima di continue vessazioni ed atteggiamenti intimidatori da parte della proprietà.

Nonostante l’attacco ai diritti acquisiti, le minacce di riduzione del personale ed il caos organizzativo determinato dal nuovo management, i lavoratori hanno continuato ad affiancare la nuova proprietà e sono stati determinati per la prosecuzione dell’azienda”.

“La situazione – continua la nota – è però degenerata fino a divenire del tutto insostenibile il 29.03.2017 quando, prima di un’assemblea sindacale, la nuova proprietà ha cercato di dividere i lavoratori chiamando a colloquio riservato solamente i dipendenti che, a loro giudizio, sarebbero dovuti rimanere in forza nell’azienda.

Questo tentativo di divisione dei lavoratori ha prodotto l’immediato rifiuto tra i lavoratori ed ha portato ad un inevitabile sciopero ad oltranza. Durante lo sciopero si è però purtroppo determinata una divisione dei dipendenti, tra coloro che -considerando l’assenza di piani industriali e l’attacco frontale ai diritti, ai salari ed alla dignità dei lavoratori- ritenevano fondamentale arrivare a forme di lotta condivise per garantire un futuro dignitoso a chi lavorava e coloro che hanno abbassato la testa sottostando ai ricatti della nuova proprietà nella speranza di mantenere un posto di lavoro ad ogni costo. Nella storia delle lotte dei lavoratori la divisione è sempre stato un elemento che ha favorito i vertici e ha indebolito le lotte e le conquiste dei dipendenti.

In questa situazione si è arrivati al 10 aprile scorso, giorno in cui gli scioperanti sono stati “puniti” e messi in ferie forzate, con una condotta senz’altro ritorsiva e chiaramente antisindacale, con atteggiamento più da padroni delle ferriere dell’800 che non da moderni manager.

Ciò premesso, confermiamo le nostre forti perplessità rispetto all’accettazione dell’ipotesi di accordo firmata al MISE il 13 aprile in quanto:

1- prevede un “approssimato piano industriale”, del tutto insoddisfacente e carente degli elementi fondanti un piano che possa essere definito tale;

2- Relativamente alla riorganizzazione interna, esordisce con la previsione del “pieno mantenimento dei livelli occupazionali”, circostanza subito dopo disattesa da tutta una serie di pesanti interventi, per altro, descritti in maniera sommaria: riqualifica dei rapporti contrattuali (e quindi perdita dei diritti acquisiti e dei salari)

  • affidamento a società terza dei servizi amministrativi al netto delle risorse considerate ridondanti (e quindi licenziamenti del personale amministrativo per esternalizzare i servizi, con perdita delle conoscenze e delle professionalità accumulate, in contrasto con l’impegno di mantenere i livelli occupazionali);
  • quantificazione degli esuberi in numero di 75 dipendenti al netto dei dirigenti (anche qui in contrasto con quanto dichiarato al momento della cessione, che si sarebbero garantiti i livelli occupazionali);
  • voltura contratto di solidarietà con utilizzo dei massimali possibili;
  • ricorso alla CIGS per area di crisi complessa con deroga alla rotazione, ai criteri di scelta e a zero ore;
  • azzeramento dei superminimi, dei benefit di qualsiasi natura e annullamento degli scatti d’anzianità;

A fronte di tutto questo, non possiamo che ribadire la nostra delusione verso i sindacati che dovrebbero garantire i diritti e l’occupazione dei lavoratori e la nostra indignazione rispetto ad un accordo lesivo della dignità, dei salari, dell’occupazione e dei diritti fondamentali dei lavori.

Per questo vorremmo avere maggior tempo per riflettere e ci sembra troppo ravvicinata la data per le assemblee dei lavoratori indetta dai confederali il 22 aprile, in data prefestiva.   Invitiamo tutti i lavoratori della ex-Novelli ad esprimere una posizione critica verso un accordo-capestro che legittima pesanti licenziamenti, la perdita dei diritti acquisiti, dell’anzianità di servizio e di notevoli quote salariali. Se accetteremo – conclude la nota – questa logica aziendale il futuro dell’azienda e dei lavoratori sarà pesantemente ipotecato”. Foto: (archivio) Terni Life ©

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