“E’ importante che sia un giudice a ribadire che l’impunità di fatto in Italia esiste e viene sfruttata scientemente dai criminali” con queste parole il Consap, sindacato maggiormente rappresentativo della Polizia di Stato plaude al “coraggio” del giudice Santoloci, espresso, dapprima con la condanna all’ergastolo dei due assassini del 91 enne Giulio Moracci e poi, nero su bianco, nel dispositivo della sentenza che mette a nudo l’impotenza del sistema rispetto ad azioni criminali, messe in atto da persone prive di scrupoli e che fanno leva sulle lacune legislative che caratterizzano il sistema giudiziario nazionale.
“Da anni denunciamo inascoltati le difficoltà a garantire la sicurezza in mancanza della certezza della pena – afferma Stefano Spagnoli Segretario Nazionale della Consap – con il facile accesso per criminali e crimini spietati a misure alternative al carcere e sconti di pena che mal si conciliano con l’estrema pericolosità sociale testimoniata con i reati commessi. Come operatori della Polizia di Stato ci troviamo spesso in rotta di collisione fra le vittime che reclamano una giustizia “esemplare” e certa magistratura che condanna molto blandamente; è un problema politico ma anche giurisprudenziale come testimonia la sentenza del giudice Santoloci che arriva in concomitanza con due giorni decisivi per questo caso di cronaca, oggi e domani, che vedranno alla sbarra i basisti della brutale rapina conclusasi con la morte dell’anziano. I termini usati nella sentenza sembrano mutuati da un rapporto di polizia – prosegue il dirigente sindacale della Polizia di Stato – che vede i poliziotti testimoniare a caldo, sulla scena del crimine, lo svolgersi dei fatti: “aggressione in stile paramilitare”, “selezione delle vittime fragili, innocue ed inermi” “incapacità difensiva dei soggetti colpiti” ma soprattutto “la tipicità di questa nuova forma di criminalità predatoria che ancora molti sottovalutano a livello giurisprudenziale” tutte evidenze che hanno indotto il giudice a non concedere alcuna attenuante.
“Riteniamo che questa sentenza possa rappresentare il punto di ripartenza per una lotta al crimine che non deve vedere contrasti fra la repressione e la condanna – insiste Stefano Spagnoli – in quanto il messaggio che la magistratura invia ai cittadini ed alle Forze di Polizia ogni volta che attenua la pena per un crimine efferato ha ricadute devastanti sulla percezione di sicurezza ma anche e soprattutto sulla motivazione professionale degli “uomini in divisa” che non possono che misurare la valenza del loro lavoro, portato avanti con rischio, impegno e sacrificio, sulla base di quanti criminali socialmente pericolosi vengono assicurati alla giustizia e messi nelle condizioni di non delinquere. Quindi garantiamo la certezza della pena, moduliamo con estrema attenzione le attenuanti da concedere e poi parliamo di carcere rieducativo – conclude Spagnoli – perché per esperienza professionale devo affermare che purtroppo non tutti i criminali sono recuperabili alla convivenza civile”.
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