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«È molto provato e scosso». Così i legali descrivono Mark Samson, il 23enne reo confesso del femminicidio di Ilaria Sula, la studentessa di origini albanesi uccisa il 25 marzo e ritrovata senza vita dentro una valigia. Un delitto che ha scosso profondamente Roma e l’intero Paese, portando nuovamente alla ribalta il dramma dei femminicidi.
Il giovane si trova detenuto nel carcere di Regina Coeli, dove ieri è stato raggiunto dai suoi avvocati. «Mark è disperato e piange ogni sera perché è pentito per quello che ha fatto», ha dichiarato ai cronisti l’avvocato Fabrizio Gallo, lasciando l’istituto penitenziario.
A carico del ragazzo, i pm della Procura di Roma, coordinati dal procuratore aggiunto Giuseppe Cascini, contestano l’omicidio volontario aggravato e l’occultamento di cadavere. Per quest’ultima accusa è indagata anche la madre di Mark Samson, che avrebbe aiutato il figlio a cancellare le tracce del delitto.
Il caso, drammaticamente emblematico, continua a suscitare dolore e indignazione. Nei giorni scorsi, i genitori di Ilaria, Flamur e Gezine Sula, hanno rotto il silenzio affidando il loro dolore a parole cariche di rabbia e umanità: «Lui deve marcire in carcere per tutta la vita. L’ha ammazzata e buttata giù dentro una valigia. Nostra figlia non era un oggetto e invece l’ha gettata via dentro una busta. Ilaria non era un maglione, non era un paio di scarpe. Era una persona».
La comunità si stringe intorno alla famiglia Sula, mentre proseguono le indagini per chiarire ogni aspetto di un crimine che resta inaccettabile. La storia di Ilaria si aggiunge purtroppo a quella di molte altre donne uccise per mano di chi diceva di amarle, rendendo ancora più urgente una riflessione collettiva e interventi strutturali su educazione, prevenzione e tutela.
Foto: Stefano PRINCIPI ©
