In un mese sei detenuti suicidi; questo quanto è successo nelle carceri italiane di Roma Regina Coeli, Terni, Teramo, Pisa, Alba e Carinola. A fronte di questa realtà il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria (SAPPE) alza la voce in particolare il segretario generale, Donato Capece che chiede soluzioni immediate e concrete.
“In un anno la popolazione detenuta in Italia è calata di poche migliaia di unità, ma i problemi permangono e in carcere purtroppo si continua a morire”, aggiunge, “il 30 luglio scorso erano presenti nelle celle 52.144 detenuti, che erano l`anno prima 54.414. La situazione nelle carceri italiane resta ad alta tensione: ogni giorno, i poliziotti penitenziari nella prima linea delle sezioni detentive hanno a che fare, in media, con almeno 18 atti di autolesionismo da parte dei detenuti, 3 tentati suicidi sventati dalla Polizia Penitenziaria, 10 colluttazioni e 3 ferimenti. E questo determina condizioni stressanti per le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria, sempre a contatto con i disagi umani e con conseguenti fattori di stress. “In un anno la popolazione detenuta in Italia è calata di poche migliaia di unità, ma i problemi permangono ed in carcere purtroppo si continua a morire”, aggiunge, “il 30 luglio scorso erano presenti nelle celle 52.144 detenuti, che erano l`anno prima 54.414. La situazione nelle carceri italiane resta ad alta tensione: ogni giorno, i poliziotti penitenziari nella prima linea delle sezioni detentive hanno a che fare, in media, con almeno 18 atti di autolesionismo da parte dei detenuti, 3 tentati suicidi sventati dalla Polizia Penitenziaria, 10 colluttazioni e 3 ferimenti. E questo determina condizioni stressanti per le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria, sempre a contatto con i disagi umani e con conseguenti fattori di stress. E allora servono soluzioni urgenti e concrete: non c`è il tempo di aspettare la fine dei lavori degli Stati Generali sull`esecuzione penale”.
Il Comitato nazionale per la Bioetica nel suo pronunciamento sui suicidi in carcere ha indicato quale via da seguire quella di un ripensamento complessivo della funzione della pena e, al suo interno, del ruolo del carcere. Capece sottolinea la necessità di eliminare l’ozio nelle celle. “Altro che vigilanza dinamica. L`Amministrazione Penitenziaria, nonostante i richiami di Bruxelles, non ha affatto migliorato le condizioni di vivibilità nelle celle, perché ad esempio il numero dei detenuti che lavorano è irrisorio rispetto ai presenti, quasi tutti alle dipendenze del DAP in lavori di pulizia o comunque interni al carcere, poche ore a settimana. Eppure – continua il segretario – chi sconta la pena in carcere ha un tasso di recidiva del 68,4%, contro il 19% di chi fruisce di misure alternative e addirittura dell`1% di chi è inserito nel circuito produttivo. Tenere i detenuti fuori dalle celle buona parte del giorno a non far nulla – conclude Capece – é una scelta assurda e pericolosa”. Foto: (archivio) TerniLife ©