Nel 2022 si è registrato in Umbria, come in Italia, un deciso incremento nelle entrate programmate (intendendo con questo termine i contratti della durata di almeno venti giorni lavorativi che le imprese intendono stipulare, i quali quindi nel corso dell’anno possono anche essere molteplici per ogni lavoratore) di lavoratori immigrati: si tratta nella regione di un flusso pari a 11mila 810 assunzioni, notevolmente superiore sia ai dati 2019 e ancora di più al 2021 e superiore anche alla media nazionale, che ha visto le entrate programmate di lavoratori immigrati attestarsi a quota 922mila 380, +249mila 560 rispetto al 2021 (+37,1%) e +294mila rispetto al 2019 (+47%). Un ritmo di crescita che è stato quindi superiore a quello che ha interessato il complesso delle entrate programmate (+12,2% tra il 2019 e il 2022, contro come visto il +47% tra il 2019 e il 2022 per i lavoratori immigrati). Quello dei lavoratori stranieri è un segmento del mercato del lavoro che svolge già da tempo un ruolo fondamentale in tanti ambiti produttivi, con un peso che è atteso aumentare per l’impatto delle dinamiche demografiche.
È lo scenario delineato dal volume “Lavoratori immigrati, 2022” del Sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere e l’Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro (Anpal)
Più in dettaglio, in Umbria nel 2022 l’incidenza del personale immigrato sulla domanda delle imprese è pari al 19,1%, superiore al 17,8% della media nazionale e quinto valore più elevato dopo quelli di Veneto (20,8%), Lombardia (20,5%), Emilia Romagna (19,8%) e Trentino Alto Adige (19,6%). I valori più bassi di personale immigrato sulla domanda delle imprese sono invece, sempre nel 2022, quelli di Molise (11,6%), Sicilia (13,4%), Sardegna (13,4%), Puglia (13,6%) e Basilicata (13,7%).
“Il Documento di economia e finanza mostra la correlazione tra debito pubblico e presenza di lavoratori immigrati – sottolinea il Segretario Generale di Unioncamere, Giuseppe Tripoli – In particolare il DEF evidenzia che, a causa della riduzione demografica che l’Italia sta vivendo, un aumento di circa il 30% di ingressi di migranti porterebbe a una consistente riduzione del debito pubblico nei prossimi decenni. E i dati Excelsior confermano oltretutto che le imprese hanno una forte necessità di manodopera che può essere assicurata dagli stranieri. È importante perciò che le scelte sulle politiche migratorie siano inquadrate anche nella prospettiva della crescita economica del Paese”. Non a caso, infatti, in pochi anni l’incidenza del personale immigrato sulla domanda delle imprese è cresciuto di molto, passando dal 12,9% del 2018 al 17,8% del 2022.
L’aumento delle assunzioni attese di personale immigrato è diffuso per tutti i livelli professionali. Tra il 2019 e il 2022 si va da un massimo di quasi +60% per le professioni tecniche per la crescente richiesta delle professioni infermieristiche e di quelle legate alla trasformazione digitale, a un minimo +15,8% per gli impiegati, un ambito professionale in cui la domanda di stranieri è tradizionalmente contenuta. È circa del 50% l’incremento per le figure degli operai specializzati e conduttori di impianti con punte molto superiori, ad esempio, per i muratori, per gli elettricisti, per gli operai addetti a macchine confezionatrici di prodotti industriali e gli operai di macchine utensili automatiche e semiautomatiche industriali. Per le professioni qualificate nel commercio e nei servizi e per le professioni non qualificate, su cui si concentra oltre la metà della domanda di personale straniero, la crescita è pari a +45,5% e +47,3%.
Nel 2022 le imprese hanno riscontrato un’elevata difficoltà di reperimento (47,3%) per il personale immigrato, superiore a quella relativa al complesso delle entrate (circa il 40%), e in costante crescita negli anni. La mancanza di candidati riguarda in particolare le figure del settore del legno e del mobile, delle costruzioni, delle industrie metallurgiche, dei servizi sanitari e dei servizi di supporto alle imprese.
Intanto ad aprile e nel trimestre aprile-giugno in Umbria le imprese hanno programmato rispettivamente 5mila 730 e 15mila 230 assunzioni totali (di italiani e stranieri). La crescita occupazionale umbra nettamente più forte di quella media nazionale
Intanto, la rilevazione mensile e trimestrale del Sistema Informativo Excelsior, realizzata da Unioncamere in accordo con Anpal, evidenzia che, ad aprile 2023, le assunzioni totali (italiani e stranieri) programmate dalle imprese ammontano a 5mila 730, rispetto alle 4mila 260 di aprile 2022 (+1.470, +34,5%). Un dato, quello umbro, notevolmente superiore a quello medio nazionale (+20,6%, da 367mila 720 a 443mila 300).
Anche se sin guarda al trimestre aprile-giugno l’Umbria mostra un incremento nettamente superiore a quello medio nazionale: +20% (dalle 15mila 230 assunzioni programmate per il trimestre aprile-giugno 2022 alle 17mila 550 per lo stesso trimestre 2023) contro +13,5% (da 1.379.830 a 1.566.020.
La difficoltà di reperimento del personale è costata all’Umbria circa 508 milioni euro nel 2022. Nella regione stimato da un’apposita indagine del Sistema Informativo Excelsior un fabbisogno di 58mila assunzioni nel quinquennio 2023-2027
La difficoltà di reperimento del personale nel 2022 ha riguardato in Umbria il 48% delle assunzioni e in Italia il 40%. Considerando una tempistica di difficoltà di reperimento compresa tra due e dodici mesi, si è stimata per il 2022 una perdita di valore aggiunto in Umbria di 507,7 milioni di euro e in Italia di 37,7 miliardi di euro, pari al 3,1% di quanto generato complessivamente dalle filiere dell’industria e dei servizi inserite nel campo d’osservazione dell’indagine Excelsior.
La stima è contenuta nel report sulle “Previsioni dei fabbisogni occupazionali e professionali in Italia a medio termine” aggiornato al quinquennio 2023-2027, elaborato nell’ambito del Sistema informativo Excelsior. Le filiere produttive per cui si è stimato un costo maggiore a causa dell’inserimento ritardato dei lavoratori ricercati sono state quelle dei servizi operativi, commercio e turismo, costruzioni e infrastrutture, settori con un elevato turnover occupazionale legato anche ai fattori stagionali.
Il costo del mismatch rischia di aumentare nei prossimi anni in considerazione dei macro-trend che stanno già cambiando il mercato del lavoro: la transizione digitale e green e l’andamento demografico.
Il trend demografico, com’è noto, comporterà infatti sia un aumento dei flussi pensionistici e quindi delle uscite dal mercato del lavoro, sia una riduzione del numero di persone in età lavorativa per l’invecchiamento della popolazione (secondo le previsioni Istat fino al 2030 la popolazione di 18-58enni diminuirà ad un tasso dell’1% annuo), aumentando lo shortage gap per mancanza di lavoratori che possano sostituire quelli in uscita.
Proprio l’aspetto demografico rappresenterà nei prossimi anni il fattore critico più rilevante considerando che tra il 2023 e il 2027 il mercato del lavoro umbro (privato e pubblico) avrà bisogno di 58mila 100 lavoratori e l’intero mercato del lavoro italiano avrà bisogno di circa 3,8 milioni di lavoratori, il 72% dei quali (2,7 milioni) dovranno sostituire occupati in uscita dal mercato del lavoro. Il restante 28% della domanda del mercato del lavoro sarà determinato, invece, dall’espansione economica che si tradurrà in una crescita dello stock occupazionale di oltre un milione di lavoratori nello scenario di previsione allo stato attuale più accreditato.