In una gremita cattedrale di Terni è stata celebrata la Messa Crismale del mercoledì santo, presieduta dal vescovo Francesco Antonio Soddu, alla presenza di tutti i sacerdoti diocesani e religiosi, diaconi, religiose, laici e oltre 400 ragazzi e ragazze di tutte le parrocchie della diocesi che riceveranno la cresima nei prossimi mesi.
Una significativa espressione di unione e comunione di tutti i presbiteri nel ministero del sacerdozio e della missione evangelizzatrice a cui sono stati chiamati, ma anche di unione con l’intera comunità ecclesiale.
Il vescovo ha benedetto gli olii sacri che saranno usati nell’amministrare i sacramenti: l’olio dei catecumeni col quale sono unti coloro che vengono battezzati; del crisma, una mistura di olio e essenze profumate usata nel battesimo, nella cresima, nella ordinazione di sacerdoti e vescovi, nella dedicazione delle chiese; l’olio degli infermi, che viene utilizzato per dare conforto ai malati e per accompagnare all’incontro col Padre, i moribondi fortificati e riconciliati.
«La bellezza della Messa Crismale ci porta a considerare l’incommensurabile grandezza dell’amore di Dio, il quale si fa presente nei doni che oggi riceviamo – ha detto il vescovo -.
Base di tutto, presupposto essenziale per ogni nostra azione è la presenza, anzi l’immanenza dello Spirito Santo nella nostra vita. Ogni nostra azione non potrà che essere il riflesso dei doni che lo stesso Spirito effonde su di noi, affinché possiamo esserne pienamente compresi. L’abituale presenza del Signore, potremmo dire la sua familiarità col luogo sacro dell’assemblea, sollecita tutti, ma in modo particolare noi presbiteri, ministri del Signore, nella cura da avere sia del luogo come anche della consuetudine nella frequentazione. E poi l’ascolto della Parola di Dio e il suo approfondimento, un ascolto non limitato al mero senso dell’udito ma partecipativo, accogliente, attivo, generativo. Lo Spirito del Signore fa sì che la Parola diventi vita, che cioè si avveri, prenda carne in noi.
L’abituale nostra presenza in Chiesa, nel luogo ordinario del culto, sia non una sorta di abitudine, che con l’andar del tempo si trascina, fa trasparire stanchezza e noia, quanto piuttosto, evidenziando sempre di più la squisita familiarità che corrobora e alimenta l’amore, riceva e trasmetta vita; vitalità che incentiva la gioia di sentirsi figli amati, familiari di Dio e fratelli tra di noi».
Il nostro approccio alla Parola di Dio sia sempre accompagnato dall’invocazione allo Spirito, che ne è l’Autore; Egli saprà anche essere –se noi lo vogliamo- Colui che agendo in noi farà delle nostre azioni lo strumento attivo di quanto Egli ancora desidera creare nuovo.
La comunità sacerdotale
«Il presbiterio vive in una forma comunitaria, aspetto questo che dobbiamo sempre presidiare, custodire e coltivare; allontanando da noi ogni forma o tentazione di isolamento, di personalismi e visioni di parte che indeboliscono il corpo, lo fanno ammalare e lo portano progressivamente alla distruzione. Lo sappiamo bene, tutto questo è possibile non tanto in forza di chissà quale mirabile nostro sforzo, quanto piuttosto attraverso il presupposto di una virtù essenziale: quella dell’umiltà, unica dote capace di arginare il peccato, generare disponibilità e dare vigore e slancio ad ogni buon proposito».
Il sacerdoti, inviati in quanto consacrati
«Il senso e il fine dell’unzione, della nostra consacrazione lo rivela la stessa Scrittura: siamo innanzitutto dei mandati, degli inviati. Siamo mandati a portare, a proclamare, a rimettere in libertà, tuttavia non siamo chiamati ad essere dei meri e freddi esecutori. Siamo, come il Signore Gesù, degli inviati in quanto primariamente amati, consacrati, eletti da Dio. Fuori dal contesto dell’essere tali, mandati dal Signore, il nostro lavoro, le nostre attività, il nostro ministero cesserebbe di essere tale. Sarebbe niente di più di un qualsiasi mestiere.
Siamo invece mandati da Dio per essere servi della sua Parola, espressione viva di un dono immenso: del suo ministero pastorale che egli prolunga ed attua attraverso la nostra povera persona. Siamo perciò degli inviati e non dei liberi professionisti.
In virtù del Battesimo che ci rende tutti figli di Dio, quanto detto per i presbiteri è valido per ciascun credente in Cristo, perché tutti abbiamo ricevuto il dono della salvezza».
E quindi un invito ai tanti ragazzi presenti in Cattedrale: «cari ragazzi: non perdete la grande e splendida occasione della vita-bella, che ci proviene unicamente dal vivere, cioè mettere in pratica il Vangelo di Gesù. Mettetevi sempre a sua disposizione ed egli vi guiderà al bene; illuminerà la vostra intera esistenza riempendola del profumo unico della sua presenza».
«Per tutti significa – ha poi aggiunto – che, nella misura in cui ognuno concepisce la propria vita come la risposta a una chiamata del Signore, tutte le singole azioni di ciascuna persona non potranno che convergere verso un unico obiettivo. Su questa prospettiva sarà necessario essere continuamente consapevoli della necessità di dover rinverdire sempre e continuamente il senso della chiamata di Dio; chiamata che ci ha resi suoi figli, costituiti ministri, pastori, servitori del Regno».
Testimoni del Vangelo nella società
«Siamo mandati a portare il Vangelo: ad essere il segno concreto di speranza, di gioia e di vita rinnovata; nella nostra vita, con le nostre azioni, con il nostro modo di essere e di rapportarci. Davanti alle trasformazioni sociali, davanti ai mutati contesti ecclesiali, davanti al perdurare e forse peggiorare del clima generale, non più consono ad accogliere determinate proposte di vita, lo sappiamo, ma è salutare ridircelo sempre e con forza: abbiamo ancora maggiore necessità d’essere ancorati alla sorgente della nostra salvezza e del nostro apostolato. Credendo in questo, abbiamo anche la bella opportunità di poter accostare la nostra attuale missione a quella che caratterizzò l’inizio della storia della Chiesa, con tutte le fatiche e le prove, ma anche con quello slancio missionario di fede che ha fatto sì che “il sangue di Cristo non fosse stato versato invano” ma fosse fatto germogliare nella testimonianza di quanti aderivano alla fede.
In tal modo, per mezzo della nostra vita resa libera, in quanto totalmente orientata a Dio, sapremo anche essere segno eloquente e credibile della libertà proclamata da Gesù».
Il vescovo ha ricordato quei sacerdoti e diaconi che in questo anno celebrano un particolare anniversario: i 60 anni di sacerdozio mons. Piergiorgio Brodoloni e di mons. Antonio Maniero; i 55 anni Accettulli padre Enrico Ofm, mons. Marcello Giorgi; i 50 anni di sacerdozio mons. Antonino De Santis; i 45 anni di sacerdozio mons. Carlo Zucchetti SdB; i 35 anni di sacerdozio can. Adolfo Bettini, mons. Roberto Bizzarri, don Miroslaw Boguszewski; don Andrea Rowny; i 30 anni di sacerdozio don Luca Andreani, don Pietro Blaj, don Enzo Greco, don Lisnardo Morales Serrano, don Tiziano Presezzi; i 25 anni di sacerdozio don Giuseppe Capsoni, don Marco Castellani, don Diego Ceglie, don Angelo D’Andrea, don Leopold Sandor, don Sergio Vandini; i 20 anni di sacerdozio di don Andrei Anghelus, don Roberto Cherubini, don Ioan Ghergut, don Andrea Piccioni, don Lorenzo Spezia e i 20 anni di ordinazione dei diaconi Antonelli Giorgio, Belarducci Felice, D’Andrea Walter, Federici Roberto, Gasperoni Gabriele, Maschiella Sandro, Millesimi Evaldo, Orlando Corrado, Torelli Franco; i 15 anni di sacerdozio padre Marco Ronca OfmCapp; i 40 anni di diaconato di Giocondi Dario e i 10 anni di diaconato di Jacopo Tacconi.
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