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Olio d’oliva, la produzione sale al Centro

Forte calo della produzione nazionale (-37%, pari a -121mila tonnellate, netto aumento dei prezzi (+16% quelli al consumo, +47% quelli all’origine e oltre il +55% circa quelli all’ingrosso) dovuto sia alla minore produzione che all’aumento dei costi (+17,7%), mentre il consumo ha reagito con una contrazione dei volumi di circa il 10% all’incremento de listini. Il bilancio complessivo 2022 del settore olivicolo italiano segna, secondo NielsenIQ, 1,4 miliardi di euro, suddivisi fra olio extravergine di oliva (825,3 milioni di euro), olio di oliva (95,7 milioni) e olio di semi (510,7 milioni), con una crescita del 10,8% sul 2021, quando valeva 1.293,4 miliardi. Il tutto in un contesto in cui sono marcate le differenze di andamento produttive tra circoscrizioni territoriali italiane (la campagna olivicola 2022/2023, rileva Ismea – l’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare – ha registrato fortissime perdite nel Mezzogiorno, a differenza delle regioni del Centro che invece hanno marcato rilevanti segni più) e in cui l’Indice del Clima di fiducia (Icf) degli imprenditori agricoli del settore olivicolo per quanto riguarda l’attuale andamento economico aziendale, rilevato da Ismea Mercati, segna a III trimestre 2022 un valore negativo (-8,8), comunque in miglioramento rispetto a -11,3 del II trimestre 2022 e superiore al Clima di fiducia generale del comparto agricolo totale, che nel III trimestre 2022 marca -14,7. I dati sono migliori se si guarda all’Indice del clima di fiducia relativo alle previsioni sull’andamento economico della propria azienda nei prossimi 2-3 anni.

 

Il crollo della produzione nel Mezzogiorno trascina in basso il dato nazionale, nonostante le crescita a doppia cifra nel Centro e il parziale recupero del Nord dalla batosta subita nel 2021 (TABELLA 1)

Sul fronte produttivo l’annata della campagna olearia 2022/2023, fotografata da Ismea in collaborazione con Italia Olivicola e Unaprol, è stata difficile. La stima produttiva realizzata sulle base di osservazioni fatte agli inizi di novembre conferma le pessimistiche aspettative già espresse nei mesi precedenti e colloca la produzione della campagna olearia 2022/23 a 208 mila tonnellate, il 37% in meno rispetto alla campagna precedente. Il che, in valori assoluti, significa una flessione di oltre 121mila 147 tonnellate di prodotto, passando da 329mila 026 tonnellate della campagna 2021/2022 a 207mila 879 di quella 2022/2023.

Il calo produttivo è concentrato nel Mezzogiorno, che nel 2021 rappresentava ben l’89,6% della produzione complessiva di olio d’oliva e nel 2022 scende all’80,9%. Per la Puglia, che fino al 2021 da sola rappresentava oltre il 50% del totale nazionale, produzione è più che dimezzata (-52%), in un contesto negativo che coinvolge tutto il Mezzogiorno: Calabria (-42%), Abruzzo (-40%), Basilicata (-40%), Sicilia (-25%), Molise (-15%) e Sardegna -13%.

L’annata è stata complessivamente positiva nel Centro Italia (nel 2021 la sua quota produttiva sul totale nazionale era il 9,1%, nel 2022 il 16,8%), dove la produzione è cresciuta del 27% in Toscana e in Umbria, del 25% nelle Marche e del 17% nel Lazio. Tuttavia, solo il Lazio torna ai livelli produttivi della media del triennio 2018/2021, mentre tutte le altre regioni del Centro restano sotto.

Per le regioni del Nord, dopo le drammatiche riduzioni dello scorso anno (la sua quota produttiva era crollata all’1% del totale nazionale, nel 2022 è risalita al 2,4%), l’annata è andata bene (Lombardia +142%, Trentino Alto-Adige +122%, Veneto +67%, Piemonte +57%, Friuli Venezia Giulia ed Emilia Romagna +40%, Liguria – la regione del Nord a più elevata produzione olivicola – +27%), anche se non ai livelli attesi prima della grande siccità estiva. Tuttavia, i valori produttivi del Nord restano largamente inferiori a quelli della media 2018/2021, ad eccezione dell’Emilia Romagna che nel 2022 li ha superati.

 

Prezzi: al consumo +16%, ma all’origine e all’ingrosso incrementi intorno o sopra il 50%. Corrono i costi di produzione (GRAFICI 2 E 3)

La riduzione della produzione nazionale, e anche di quella estera (giù anche la Spagna e la Tunisia, solo la Grecia raggiunge i livelli produttivi 2021 portandosi sopra le 300mila tonnellate), combinata con l’aumento dei costi di produzione, indicati da Ismea Mercati a +17,7% tra dicembre 2021 e dicembre 2022 dopo che erano già abbondantemente cresciuti nel 2021, fa aumentare i prezzi dell’olio a tutti i livelli: a livello di prezzi all’origine, indicano i listini mensili Ismea, a febbraio 2023 il prezzo pagato per l’olio extravergine d’oliva è in media di 6,11 euro al Kg, +47% su febbraio 2023, mentre l’olio lampante di oliva si attesta a 3,97 euro/Kg, +58,4%, e l’olio vergine di oliva (4,89 euro/Kg) marca +62,9%. Consistenti anche gli incrementi dei prezzi all’ingrosso, con variazioni anno su anno abbondantemente sopra il 50% e vicini al 55%, mentre i prezzi al consumo dell’olio registrano, stando ai dati del “carrello di spesa” dell’Istat, un incremento del 16% sempre su base annua, attenuando quindi i rincari all’origine e all’ingrosso. L’impatto della riduzione dei consumi come reazione all’aumento dei prezzi, sempre secondo i dati Istat, è stato del 10% circa.

 

Indice clima di fiducia in agricoltura e nel settore olivicolo, sia dei produttori che dell’industria alimentare: per i produttori è negativo nel presente, più ottimista per il futuro a 2-3 anni. E nel settore olivicolo il Clima di fiducia è migliore rispetto al totale del comparto agricolo (GRAFICO 1)

Bisogna distinguere, nei dati Ismea sull’indice del clima di fiducia (ICF) in agricoltura aggiornati al III trimestre 2022, tra tempo attuale e quello futuro. Ossia i produttori agricoli, relativamente all’andamento economico della propria azienda, danno un giudizio medio piuttosto negativo (l’indice è -14,7, ossia il saldo tra risposte positive e quelle negative piazza l’indice verso il segno meno), ma se si chiede cosa prevede nell’orizzonte di due-tre anni l’umore cambia e, al terzo trimestre 2022,il saldo è leggermente positivo, ossia gli ottimisti e i pessimisti sostanzialmente si bilanciano. Da notare come l’indice, sia per il tempo attuale che per quello futuro, sia cresciuto fino al III trimestre 2021, per poi iniziare a scendere in concomitanza con la crescita tumultuosa dell’inflazione – trainata dai maxi aumenti dell’energia aggravati da marzo dalla guerra in Ucraina – e quindi dei costi sostenuti dalle imprese agricole.

Quadro diverso per l’Indice del clima di fiducia dell’industria alimentare, decisamente migliore rispetto a quello delle imprese agricole. La valutazione sulla situazione economica attuale degli imprenditori dell’industria alimentare, che aveva toccato il massimo nel II trimestre 2021 (+22,74), scende per tutto il 2021 ma diventa negativa solo nel II trimestre 2022 (Indice -10,96) per poi tornare positiva (+4,68) nel III trimestre 2022, ultimo dato disponibile fornito da Ismea.

Se il pessimismo sembra l’atteggiamento prevalente in agricoltura da parte dei produttori (ma non da parte dell’industria alimentare), la situazione non è rosea neppure nel settore olivicolo, che però mostra indici sul Clima di fiducia nettamente migliori rispetto a quelli del comparto agricolo in generale.

I dati Ismea sul clima di fiducia evidenziano per le imprese del settore olivicolo, al III trimestre 2022, un Indice negativo (-8,8), ma notevolmente inferiore al -14,7 del totale del  comparto agricolo nazionale. E l’industria dell’olio d’oliva, dopo aver evidenziato un clima di fiducia negativo, nel III trimestre 2022 è tornata su livelli leggermente positivi (+1,2).

L’Ismea non fornisce, per quanto riguarda l’olio d’oliva, l’Indice di fiducia relativo al futuro.

 

In settimana il grande appuntamento dell’Ercole Olivario, giunto alla fase finale per la proclamazione di vincitori

Un quadro, quello descritto, che certamente farà da sfondo alla cerimonia di proclamazione e premiazione dei vincitori della XXXI Edizione del Premio Nazionale Ercole Olivario, il concorso nazionale più rilevante dedicato alle eccellenze olearie italiane.

L’evento si terrà sabato 18 marzo alle ore 10.00, a Perugia, presso la Sala dei Notari di Palazzo dei Priori, in Piazza IV Novembre.

In vista della cerimonia di premiazione, venerdì 17 marzo alle ore 16.30, presso il Teatro della Sapienza a Perugia (Via della Cupa, 52) si terrà inoltre l’incontro dal titolo “Il turismo dell’enogastronomia e delle produzioni in Italia, fattore primario di internazionalizzazione”, a cura di Ivana Jelinic, Amministratore Delegato ENIT – Agenzia Nazionale del Turismo.

All’incontro seguirà la proclamazione e premiazione dei produttori vincitori de “La Goccia d’Ercole”, sezione a latere del Concorso Nazionale, introdotta allo scopo di sostenere le piccole produzioni olearie.

 

FOCUS SULL’UMBRIA

Come visto, la produzione olivicola umbra nella campagna 2022/2023 mette a segno +27%, passando da 3mila 178 a 4mila 036 tonnellate. Dato importante, ma comunque ancora inferiore di un quarto rispetto alla media 2018/2021 di 5mila 096 tonnellate.

Va ricordato che In Umbria, secondo elaborazioni Coldiretti, si trovano quasi 7,5 milioni di piante di olivo che coprono circa 30mila ettari. La Dop dell’olio extravergine di oliva Umbria, istituita nel 1997, è estesa all’intero territorio regionale, che è stato suddiviso in cinque sottozone (Colli Assisi-Spoleto, Colli Martani, Colli del Trasimeno, Colli Amerini e Colli Orvietani). Altro snodo essenziale della qualità dell’olio umbro, è il numero dei frantoi: circa 200, che, con una presenza così capillare sul territorio, permettono la frangitura immediata delle olive, senza che queste si deteriorino per una presenza troppo lunga in magazzino prima della lavorazione.

Ottima la qualità della campagna olivaria umbra 2022/2023, basti dire che nonostante la stagione caratterizzata da siccità e caldo, grazie alle provvidenziali piogge di fine agosto la produzione Dop in Umbria ha fatto registrare un incremento sul 2021. La campagna olearia 2022 della Dop Umbria è stata infatti caratterizzata da un forte consolidamento e miglioramento rispetto alla precedente. Per quanto riguarda le caratteristiche chimico-fisiche e organolettiche si riscontra un miglioramento rispetto all’anno precedente per la parte chimica, oltre ad uno splendido equilibrio delle caratteristiche organolettiche in termini di fruttato, amaro e piccante. In definitiva è ragionevole affermare che queste peculiarità rappresentano un elemento di grande attrattiva per il mercato, mercato che sottolinea un grande interesse per “l’oro verde” rappresentato dalla DOP Umbria.

Le politiche in atto nella regione e prospettive dell’oleoturismo.

Abbiamo investito per avere frantoi all’avanguardia – afferma l’assessore all’Agricoltura e vice Presidente della Regione, Roberto Morroni – per sviluppare un’unione di intenti tra i produttori e sviluppare la filiera corta, con l’obiettivo di trattare l’olio come un elemento culturale di traino per il territorio e per il turismo. Tante sono pertanto le ragioni evidenziate per cui ancora oggi l’Umbria è da considerarsi un vero e proprio ‘laboratorio’ ed incubatore per la promozione dell’olio e dell’oleoturismo. Sull’olio come prodotto e ‘marcatore’ culturale l’Umbria ha fatto scuola, così come sul frantoio come luogo di cultura. Basti pensare che qui è nata la prima Dop registrata, in ambito Comunitario, a comprendere l’intero territorio regionale e la prima Strada dell’olio regionale così come l’esperienza di Frantoi aperti”.

E l’Umbria è stata tra le prime cinque Regioni a recepire la legge sull’OleoTurismo, entrata in vigore a febbraio 2022, che prevede, come per l’Enoturismo, la possibilità di svolgere attività di accoglienza, degustazione, commercializzazione, abbinamento con prodotti agro-alimentari e formazione.

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