buffetti
buffetti
cottorella
LUMINAE
tecno adsl
Italia Life

Nel quinquennio 2024-2028 in Umbria saranno necessari 66mila 200 avviamenti al lavoro

Nel quinquennio 2024-2028 il fabbisogno occupazionale delle imprese e pubbliche amministrazioni (al netto del settore agricolo, della silvicultura e della pesca) in Umbria sarà di 66mila 200 occupati, di cui 52mila 700 da parte delle imprese private e 13mila 500 da parte del settore pubblico. Si tratta per l’Umbria, per il quinquennio 2024-2028, di un incremento medio annuo del 4% dello stock occupazionale, ossia il secondo valore più alto tra le regioni italiane, mentre la media nazionale si attesta al +3,3%. Ancora, dei 66mila 200 occupati di cui l’Umbria avrà bisogno dal 2024 al 2028, 44mila 100 deriveranno dalla necessità di sostituire personale in uscita e 22mila 100 dall’espansione economica. Di questi ultimi avviamenti al lavoro, solo 100 riguarderanno il pubblico impiego, mentre 20mila saranno appannaggio del settore privato, il che fa presumere per l’Umbria una crescita economica più forte, nel quinquennio 2024-2028, sia di quella media nazionale che di quella del Centro.

È quanto emerge dall’aggiornamento del report sulle “Previsioni dei fabbisogni occupazionali e professionali in Italia a medio termine (2024-2028)”, elaborato nell’ambito del Sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere in collaborazione con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

Una bella sfida sia per l’Italia che per l’Umbria, visto che, prendendo a riferimento gli ultimi dati Excelsior relativi ad agosto 2024, nella regione le imprese considerano “di difficile reperimento” ben il 62% delle assunzioni programmate, con il rischio che restino vuoti tre posti ogni cinque (in Italia la percentuale considerate dalle aziende di “difficile reperimento” è del 49%, anch’essa molto elevata ma decisamente più bassa rispetto all’Umbria)

L’impostazione seguita per lo sviluppo delle stime contenute nel report segue l’impianto adottato dal Cedefop (Centro europeo per lo sviluppo della formazione professionale, organo della Commissione Ue), che fornisce previsioni occupazionali come somma algebrica delle due componenti di expansion e replacement demand. La prima di queste due componenti evidenzia gli andamenti legati alla tendenza dell’economia, mentre la seconda quelli legati al turnover dei lavoratori. Per la formulazione degli scenari è stato preso a riferimento il Documento di Economia e Finanza (DEF) presentato dal Governo il 9 aprile 2024.

 

Il quadro delle regioni. Dal PNRR un quarto delle assunzioni previste nel quinquennio

È la Sardegna, con un aumento medio-annuo del 4,1%, la prima regione italiana in cui lo stock occupazionale crescerà di più nel quinquennio 2024-2028. Al secondo posto l’Umbria, con +4% (62mila 200 avviamenti). Il quintetto di testa è completato da Trentino Alto Adige (+3,8%, per un totale di 101mila 200 avviamenti previsti), Sicilia (+3,8%, 255mila avviamenti totali 2024-2028) e Campania (+3,7%, 312mila 300 avviamenti).

A livello di numeri assoluti, a determinare oltre il 18% dell’intero fabbisogno nazionale dello scenario positivo è la Lombardia – con un fabbisogno atteso di 709mila occupati – seguita dal Lazio (391mila unità, pari al 10,1% del totale), dal Veneto (326mila unità, 8,4%), dall’Emilia-Romagna (325mila unità, 8,4%) e dalla Campania (312mila unità, 8,1%).

Complessivamente, in Italia ammonta a 3milioni e 853mila il numero delle assunzioni previste per il quinquennio 2024-2028, con una crescita media annua – quindi per ogni anno del quinquennio – del 3,3%.

Sulle previsioni incide per lo più l’effetto positivo atteso dall’utilizzo dei fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), che, nel caso di piena realizzazione degli investimenti, si stima possa attivare nel complesso in Italia circa 970mila occupati (ossia il 25,2% degli avviamenti al lavoro previsti nel Paese), considerando sia gli effetti diretti che indiretti e sull’indotto. Le filiere maggiormente beneficiate saranno “finanza e consulenza” (con il 23% dell’impatto occupazionale complessivo del PNRR), “commercio e turismo” (21%), “formazione e cultura” (12%), “costruzioni e infrastrutture” e “altri servizi pubblici e privati” (entrambe con il 10%).

 

Gli ulteriori numeri dell’Umbria a confronto con le medie nazionali e del Centro: la quota degli avviamenti nella regione derivante dall’espansione dell’economia nel quadriennio 2024-2028 sarà assai più alta di quella media nazionale, il che fa presumere una crescita economica più forte della regione

Oltre a quelli già citati, tra i numeri dell’Umbria che emergono dal report è da evidenziare il fatto che, dei 52mila 700 avviamenti nel quinquennio relativi al settore privato, 12mila 200 riguarderanno immigrati (23,1%) – il dato è superiore al 21,3% della media nazionale, ma inferiore al 24,7% del Centro –

Guardando poi alla già citata distinzione tra avviamenti al lavoro derivanti dall’espansione dell’economia e di quelli derivanti dalla sostituzione di personale in uscita (come visto, nella regione i primi ammontano a 22mila 100 e i secondi a 44mila 100), va notato che la quota dei primi sugli avviamenti totali 2024-2028 è in Umbria notevolmente più elevata (33,5%) rispetto sia al dato nazionale (21,6%) che a quello del Centro (22,4%). Questo fa presumere che il trend della crescita economica dell’Umbria nel quinquennio sarà più elevata di quella media italiana e di quella del Centro.

Di converso, gli avviamenti al lavoro legati alla sostituzione di occupati in uscita, sempre nel periodo 2024-2028, rappresenteranno, secondo le stime del report, il 66% in Umbria e il 78,4% a livello nazionale. Nel Centro saranno il 77,6%.

 

Occupati sempre più anziani

Il report Excelsior fornisce anche i dati 2021-2022 sulla quota di lavoratori (dipendenti e autonomi) over 59 sul totale. Emerge un progressivo e rapido invecchiamento della base occupazionale. In Umbria nel 2021 era over 59 il 6,7% degli occupati (sia nel settore privato che in quello pubblico), mentre nel 2022 tale percentuale era già crescita al 7,3% (in Italia si è passati in un anno dal 6,1% al 6,6%, nel Centro dal 7% al 7,3%).

Print Friendly, PDF & Email