Sentenza di primo grado completamente ribaltata, quella emessa ieri dalla Corte di Appello di Perugia che ha condannato l’imputato, un pubblico ufficiale in servizio all’epoca dei fatti presso la sezione di Polizia Giudiziaria della Procura della Repubblica di Terni, alla pena di sei mesi di reclusione (pena sospesa) perché riconosciuto responsabile dell’accesso abusivo nel sistema informatico SICP, oltre al pagamento delle spese processuali nonché al risarcimento dei danni. La sentenza emessa nel 2021 dal Tribunale di Terni aveva invece assolto l’imputato.
I fatti risalgono al 2016. La vicenda inizia quando l’uomo pubblica un post sul social network ‘Facebook’ che riportava notizie riservate riguardanti un altro appartenente alla Polizia di Stato, un superiore dell’imputato. Dalle indagini è emerso che il pubblico ufficiale, per motivi di risentimento nei confronti della parte civile, senza alcuna autorizzazione, approfittando della sua posizione e utilizzando le proprie credenziali, aveva fatto accesso al Sistema Informativo della Cognizione Penale, protetto da misure di sicurezza, per carpire dati e informazioni contenuti nel sistema e riguardanti un particolare procedimento penale. Dai controlli sono risultati una quindicina di accessi in quattro diverse giornate nell’arco di una dozzina di giorni.
Da evidenziare che il sistema SICP serve per gestire i dati relativi a procedimenti penali iscritti nel registro delle notizie di reato e coperti dal segreto istruttorio.