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L’esercito delle imprese femminili in Umbria c’è ma si muove su segmenti a basso valore aggiunto

L’esercito delle imprese femminili in Umbria c’è (20mila 205 aziende attive, quarta regione per incidenza delle imprese guidate da donne sul totale delle imprese) ma, come d’altronde anche in Italia, si muove prevalentemente su segmenti a basso valore aggiunto, tanto che il fatturato medio di un’azienda rosa è meno della metà di un’impresa non femminile: in Italia 76mila euro medi annui, contro i 190mila euro delle aziende non femminili, in Umbria 72mila euro medi annui, contro i 163mila delle imprese non femminili.

E la dimensione aziendale  di un’azienda femminile umbra per il 96,6%, si concentra in realtà fino a 9 dipendenti, mentre quelle tra 10 e 49 addetti sono il 3,4% e quelle tra 50 e 249 addetti lo 0,2%, come lo 0,2% del totale sono anche le imprese femminili umbre con più di 250 addetti.

Inoltre, quota di imprese umbre con 3 e più addetti che ha investito nel periodo 2016-2021 nelle tecnologie digitali (Internet of things, intelligenza artificiale, stampanti 3D, Big Data, …) è del 23,3%, contro il 32,5% delle non femminili). Rispetto al dato nazionale si registra uno scarto negativo di 4,6 punti percentuali.

Sono alcuni degli elementi che sono emersi  questa mattina alla prima tappa del “Giro d’Italia delle donne che fanno impresa”, manifestazione organizzata da Unioncamere italiana in collaborazione con le Camere di Commercio e i Comitati per l’imprenditoria femminile. L’appuntamento si è svolto presso la sede di Perugia della Camera di Commercio dell’Umbria, offrendo importanti opportunità d’incontro e di confronto sui temi più importanti che riguardano l’imprenditoria femminile in Umbria, con preziosi contributi al tema da parte di esperti di livello nazionale.

Cuore della giornata è stata la presentazione della ricerca, curata dalla Camera di Commercio dell’Umbria,, sull’evoluzione dell’imprenditoria rosa nel contesto attuale, che tra l’altro mette a confronto l’Umbria con la media italiana, la Toscana, le Marche e l’Abruzzo. La ricerca, frutto di un lavoro di team composto dal professor Luca Ferrucci Ordinario di Economia e Management delle imprese presso il Dipartimento di Economia Università degli Studi di Perugia, da Andrea Massarelli e da Giuseppe Castellini, è stata presentata dal Prof. Ferrucci.

I lavori sono stati aperti dal Presidente della Camera di Commercio dell’Umbria, Giorgio Mencaroni, che ha evidenziato “come sia importante offrire i supporti giusti per offrire alle imprese orizzonti nuovi di crescita”, evidenziando come, “in questo contesto, le imprese femminili presentino problemi specifici che la ricerca presentata mette bene in evidenza e che vanno ulteriormente approfonditi per poter offrire gli aiuti e i servizi più adatti”. Mencaroni ha poi rilevato l’importanza della Certificazione di genere, diventata operativa e che vale non solo per le imprese femminili, ma per tutte le aziende.

Tema ripreso da Tiziana Pompei, Vice Segretario generale di Unioncamere, che ha spiegato come il percorso per la Certificazione di genere rappresenti un’opportunità e che Unioncamere vi è impegnata a fondo, con l’obiettivo di aprire un percorso per la certificazione ad almeno 800 imprese entro il 2026, di cui almeno 450 Pmi.

Dalia Sciamannini, Presidente Comitato Imprenditoria femminile Camera di commercio dell’Umbria, nel suo saluto istituzionale ha rimarcato l’importanza dell’evento, con un confronto ad alto  livello e la presentazione di una ricerca ad hoc, che apre una nuova fase di grande attivismo da parte del Comitato Imprenditoria femminile.

E qui Tiziana Pompei, Vice Segretario Generale di Unioncamere, ha spiegato il senso e il valore del “Giro d’Italia delle donne che fanno impresa”, come momento chiave di informazione, di ascolto e partecipazione, coinvolgendo in due anni 80 città italiane.

La Direttrice Filiale di Perugia della Banca d’Italia, Miriam Sartini, ha parlato su “Il nodo dell’educazione finanziaria e le iniziative di Banca d’Italia”, entrando nel dettaglio del vasto progetto formativo Bankitalia per superare uno dei gap culturali e formativi più pesanti che penalizzano il nostro Paese. Un progetto che è rivolto anche ai titolari d’impresa, le cui conoscenze di base in materia finanziaria debbono assolutamente crescere.

I lavori sono stati conclusi da Federico Sisti, Segretario Generale dell’Ente camerale, che ha sottolineato “come questo appuntamento dimostri, se mai ce ne fosse stato bisogno, la capacità del Sistema camerale di collaborare a 360 gradi, dalle Istituzioni alle Associazioni di categoria, a tutte le altre forze economiche e sociali, per approfondire le questioni, dialogare e progettare”.

I contenuti della ricerca

Dalla ricerca “L’evoluzione dell’imprenditoria rosa regionale nel contesto attuale”, presentata come detto dal Professor Luca Ferrucci in maniera molto efficace, emergono vari elementi significativi.

Intanto il fatto che, tra il 2014 e il 2023, il numero delle imprese femminile in Italia è cresciuto, seppure di poco, mentre in Umbria è sceso del 2,8%.

Le imprese femminili dell’Umbria hanno, in media, una data di nascita più recente, ma questo potrebbe essere l’altra faccia della medaglia di una maggiore mortalità.

In Umbria flettono poi pesantemente, in maniera più forte rispetto al dato italiano e alle altre regioni prese a confronto, le imprese femminili giovanili, mentre crescono le imprese femminili straniere, ma meno rispetto al dato italiano e alle altre tre regioni di confronto (Toscana, Marche, Abruzzo),

Analizzando i bilanci delle aziende femminili (qui bisogna specificare che si tratta dei bilanci delle aziende obbligate a presentarli alle Camera di Commercio, quindi le imprese dei capitali, dalla S.p.A alle Srl, alle cooperative), dal 2019 al 2021 l’Umbria mostra una crescita del valore della produzione maggiore sia della media italiana che delle regioni di confronto anche se, se si guarda ai dati delle imprese totali (femminili e maschili) il valore della produzione delle aziende femminili è poco più di un terzo di quelle totali.

Ma le imprese femminili dell’Umbria presentano un ROE (ossia la redditività del capitale proprio) sotto la media nazionale e inferiore a quello di Marche e Abruzzo.

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