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Il vescovo Soddu: “Combattere con le armi dell’amore ogni forma di violenza e di sopraffazione”

Celebrato il Mercoledì delle Ceneri nelle chiese della diocesi e nella Cattedrale di Terni, dove il vescovo Francesco Antonio Soddu ha presieduto la celebrazione eucaristica concelebrata dal vicario generale mons. Salvatore Ferdinandi e dal parroco della cattedrale don Alessandro Rossini.

Nella liturgia che caratterizza il primo giorno di Quaresima, il vescovo sparge della cenere benedetta sul capo dei fedeli per ricordare loro la caducità della vita terrena e per spronare il fedele all’impegno penitenziale della Quaresima, come tempo forte in cui rigenerarsi nella fede e per vivere pienamente il sacramento della riconciliazione.

Il vescovo ha esortato i fedeli a dedicarsi intensamente alla preghiera, al digiuno, alle opere di misericordia ed essere costruttori di pace. «La Quaresima è un tempo prezioso per corrispondere al dono della salvezza e dobbiamo coglierne tutta la ricchezza in esso riposta, cercando di non trascurarla e di non sciuparne i contenuti. Iniziamo questo tempo di grazia nella consapevolezza di percorrerlo in compagnia gli uni degli altri e insieme a quanti, sparsi nel mondo, sono nostri compagni di viaggio.  Siamo chiamati a ravvivare il dono del Battesimo, sorgente della nostra fede, affinché non si esaurisca in mezzo all’aridità delle strade del mondo ma, al contrario, possa essere in noi vita e, attraverso di noi, vitalità con e per quanti ci troviamo a condividere l’esistenza. L’elemosina, la preghiera e il digiuno, il criterio che le accomuna tutte è la non ipocrisia. L’ipocrisia è la caratteristica negativa terribile; talmente orribile che rende falsa ogni azione anche se buona in se stessa. Se fatta con ipocrisia, cioè con un secondo fine, quella data opera anche se buona in sé stessa risulta essere negativa per chi la fa. Mancando di cuore, è perciò priva di anima e non avendo questi si perde nell’insignificanza più totale, divenendo addirittura l’opposto, ossia male e peccato.

Il Signore Gesù, in questi casi come in tanti altri, anzi in tutti gli altri casi, ci offre una prospettiva che va molto oltre i confini personali e temporali, ci offre la prospettiva del Padre. Quando preghi, quando digiuni, quando fai l’elemosina abbi sempre dinanzi a te il Signore. Così facendo abbiamo la possibilità di mettere nelle mani e nel cuore di Dio tutto noi stessi nella certezza che nelle sue mani e nel suo cuore niente si perde».

Facendo riferimento ai drammi della storia dei nostri giorni, il vescovo ha sottolineato l’importanza di fare il bene e pregare per la pace: «Davanti alle tragedie del mondo, quelle che riguardano il conflitto in Ucraina, al terremoto in Turchia e Siria e quelle che non sono più riportate neanche dagli organi di informazione, davanti a queste tragedie, come non sentire vivo il richiamo alla conversione e alla conversione del cuore, vale a dire non soltanto delle idee o delle impressioni, delle supposizioni o delle teorie, delle linee politiche e quant’altro. Ma ritornare al Signore con tutto il cuore, ossia sinceramente e non per secondi fini. Un cuore siffatto non potrà che essere “lacerato”, ossia spezzato, infranto a causa del riconoscimento o anche dell’ammissione delle proprie responsabilità. Lacerarsi il cuore dunque significa entrare in atteggiamento penitenziale nella dimensione misterica del cuore di Cristo che ha dato sé stesso per noi. Ha però anche una dimensione sociale e chiarisce che non potremmo mai abituarci, assuefarci a quanto di male l’uomo è capace di fare nel mondo. Lacerarsi il cuore significherà pertanto combattere con le armi dell’amore ogni forma di violenza e di sopraffazione. Voglia il Signore, con il suo Spirito d’amore, toccare il cuore di tutta l’umanità, di ciascuno, di coloro che reggono le sorti dei popoli, di coloro che tendono a minarle queste sorti, di coloro che, senza andare lontano da noi, faticano ad intravvedere nel prossimo il senso vivo di un cuore pulsante».

Foto: RietiLife ©

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