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Tour della Giordania con la bici senza marce, l’impresa di tre giovani ternani

(Dal Corriere dell’Umbria) “Dieci anni fa siamo saliti in sella a delle Olandesine senza marce quasi per scherzo ed è scattata la molla di misurarci con qualcosa di assurdo, inconcepibile. C’era voglia di viaggiare, di farlo nella maniera più autentica, vivendo letteralmente la strada, percependone ogni chilometro, ogni minima salita o discesa”.

La ricordano così, quella loro prima, “folle” idea, tre giovani ternani – Massimiliano Natali, 36 anni, Umberto Boccioli, 33, e Riccardo Ippoliti, anche lui di 36 – che in questi anni hanno percorso strade delle più disparate latitudini pedalando rigorosamente in sella ad altrettante Olandesine, ovvero le classici bici da donna, per intenderci quelle col cestino davanti, senza marce o “aiuti” di qualsivoglia natura. Un’avventura che ha portato i tre ternani a girare gran parte dell’Italia, e ancora Germania, Francia, Austria, Svizzera, Croazia e Marocco.

Per due di loro – Massimiliano e Riccardo – nel 2019 c’è stata anche l’esperienza del… risciò, con altri due amici del loro stesso gruppo (Alessandro Dell’Orso e Leonardo Agostini), grazie al Bar Cospea che gli mise a disposizione il mezzo a pedali delle serate estive sul lungomare col quale raggiunsero San Benedetto del Tronto, partendo per l’appunto da Cospea.
Invece insieme a Umberto (che nella vita lavora nell’azienda di elettronica di famiglia), Massimiliano (dipendente di una ditta di oggettistica e giochi da tavolo) e Riccardo (impiegato in una società del settore dell’automazione) hanno deciso di affrontare un viaggio veramente affascinante – il decimo della compagnia, probabilmente l’ultimo – che si è svolto dal 23 al 31 luglio 2022: attraversare in Olandesina la Giordania.

“Il nome ce l’avevo pronto da sempre – racconta Umberto Boccioli –: ‘Olandesina, l’ultima Crociata’, ispirandomi ovviamente ad Indiana Jones ma anche per rendere, in qualche modo, il viaggio epico, costringendoci a fare i conti con il tempo che passa e con l’idea che tutto prima o poi dovrà finire”.

In totale, così, i tre cicloamatori in Olandesina hanno percorso la bellezza di 534 km, dopo essere arrivati in aereo ad Amman sabato 23 luglio, per partire in bici il giorno dopo, alle 6,30, direzione Petra. “La strada per Petra è lunga e non lascia scampo – raccontano i tre – abbiamo pedalato attraverso un canyon fino a 200 metri sotto il livello del mare. La temperatura è stata costantemente intorno ai 40 gradi, senza ombra, né alberi, solo asfalto rovente e le nostre tre biciclette. La gente ci incoraggiava, gli automobilisti si accostavano, mostrandoci sorrisi e pollici all’insù. Qualcuno più premuroso passava l’acqua dal finestrino a noi, unici ciclisti in quella rovente nazione”.

Massimiliano, Umberto e Riccardo in quei giorni sono entrati a stretto contatto con la comunità locale, mangiando hummus (il piatto nazionale giordano, una salsa a base di pasta di ceci, pasta di semi di sesamo con olio di oliva, aglio, semi di cumino, paprika e limone) e socializzando con i ragazzi del posto.

“Perché lo fate? E’ stata la domanda costante, ma ci siamo abituati, ce lo chiedono da 10 anni e noi stessi ce lo chiediamo ogni giorno. Senza sapere cosa rispondere”. L’arrivo a Petra il quarto giorno, poi la strada verso il Mar Morto. “Non si può spiegare – ancora le loro parole – continuavamo a scendere ma scalavamo dei veri e propri muri, con una temperatura fino a 43 gradi, le borracce esplodevano e le gomme si deformavano sull’asfalto”.

Il paesaggio ha poi proposto una lunga zona desertica (“Lontani anni luce dalle nostre verdi vallate: la Valnerina è diventata il nostro sogno”), fino alle ultime fatiche feroci, quelle per scalare il monte Nebo. “Abbiamo attraversato tutto il paese in sella a delle bici da passeggio senza marce – il loro commento finale – lo abbiamo fatto insieme. C’è un sapore agrodolce, perché per qualcuno (Umberto ndr) è già deciso che sarà il suo ultimo viaggio. All’arrivo siamo rimasti in silenzio, senza scattare neanche una foto. Siamo abituati a non avere un arrivo a destinazione in parata, nessun festeggiamento, nessuna celebrazione. Avevamo dolori indescrivibili, male a muscoli che non sapevamo di avere. Ma in quel momento, pur distrutti, ci siamo sentiti vivi. Felici e tristi allo stesso tempo, eroi solo per un secondo appena e protagonisti di una storia che conosciamo solo noi”.

Tre Olandesine, tre amici, un unico rapporto di velocità: umiltà meccanica!”.E forse c’è la risposta alla domanda di sempre: “Perché lo facciamo? Perché avremo sempre una cosa che ci lega gli uni agli altri, una cosa che per quanto puoi provare a spiegarla non riuscirai a farla capire. Saremo amici per sempre e per sempre pedaleremo verso il tramonto”.

Foto: Corriere dell’Umbria ©

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