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San Valentino, Solenne Pontificale del vescovo Soddu | LE FOTO

Foto: Monica VITALI ©

Celebrata solennemente domenica 13 febbraio nella Cattedrale di Terni la festa diocesana di San Valentino, con il solenne pontificale presieduto dal vescovo Francesco Antonio Soddu, concelebrato dai vicari foranei ed episcopali, alla presenza del sindaco Leonardo Latini, del prefetto Emilio Dario Sensi, della presidente delle Regione Umbria Donatella Tesei, della presidente della Provincia di Terni Laura Pernazza, del Questore Bruno Failla, senatrice Alessandrini Valeria e on. Nevi Raffaele, degli assessori del Comune di Terni, delle autorità militari, assessori e consiglieri regionali dell’Umbria, dei sindaci dei Comuni del comprensorio diocesano, dei rappresentanti delle associazioni e movimenti della Diocesi.

Durante il pontificale il sindaco Leonardo Latini ha acceso la lampada votiva e pronuciato l’atto di affidamento della città al Santo Patrono, segno di devozione e della disponibilità degli amministratori pubblici ad essere attenti ai bisogni della comunità e a promuovere con onestà e saggezza ciò che giova al bene comune.

La festa del patrono della città di Terni, san Valentino è per la comunità cittadina un’occasione per riflettere sull’identità della città alla luce della testimonianza di san Valentino che ha plasmato cristianamente la città di Terni durante il suo lungo ministero episcopale, come maestro, padre dei poveri e dei giovani innamorati, di custode dell’amore.

 

Terminato il pontificale, la processione cittadina ha accompagnato l’urna del santo per il rientro nella basilica di San Valentino, lungo le vie della città, passando davanti al palazzo Comunale, la chiesa del Sacro Cuore a città Giardino e quella di Santa Maria del Carmelo, fino al colle dove si trova la chiesa che custodisce le reliquie e la memoria del Santo. Sul sagrato c’è stato il saluto del presidente dell’Azione Cattolica diocesana Luca Diotallevi e la benedizione finale del vescovo Piemontese. L’urna è stata quindi riposta all’interno della basilica alla venerazione dei fedeli.

 

L’OMELIA DEL VESCOVO

Carissimi fratelli e sorelle,

in questo giorno solenne della domenica, Pasqua della settimana, celebriamo la festa del santo Patrono della nostra città di Terni, e ci sentiamo in profonda comunione con la Chiesa universale che in ogni parte della terra oggi si nutre della medesima parola di Dio, quella che abbiamo appena sentita proclamata.

Ci sono state presentate, nella prima lettura e nel Vangelo, due situazioni antitetiche, contrastanti, che descrivono la condizione della persona in rapporto positivo con Dio da una parte e dall’altra, invece, la situazione che ne deriva dal suo non essere in comunione con lui: Maledetto l’uomo che confida nell’uomo, benedetto l’uomo che confida nel Signore, nella prima lettura; e nel Vangelo quasi l’interpretazione di quanto esposto nella prima lettura, mediante la proclamazione delle beatitudini, secondo la redazione dell’evangelista San Luca.

Ecco dunque davanti a noi, potremmo dire in sintesi due vie: quella della benedizione che produce felicità, che ha la sua radice in Dio e quella della maledizione che produce guai, situazioni non felici e che ha la radice, la causa –così si esprime la Scrittura- nel confidare in sé stessi, vale a dire: a prescindere da Dio.

La seconda lettura contiene una bella pagina della predicazione di san Paolo sulla risurrezione di Gesù in rapporto alla vita cristiana. In sintesi il messaggio è: se noi crediamo che Gesù è risorto dai morti dovremmo vivere da persone risorte, rinnovate, nuove; la lettura infatti conclude affermando: “Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti”. Pertanto coloro che sono affrancati dal peccato e dalla morte mediante il Battesimo -che riveste appunto dell’evento pasquale di Gesù- hanno tutta la potenzialità, la carica per vivere una vita nuova.

Carissimi Fratelli e sorelle, quale è il messaggio per noi oggi che celebriamo la festa del nostro patrono s. Valentino? Potremmo anche dire: come san Valentino ci presenta, mediante la sua vita, il modo di incarnare e realizzare concretamente quanto abbiamo sentito proclamato nelle letture bibliche?

Molti potrebbero dire che non ci vuole molta fantasia ad immaginare la differenza che passa tra maledizione e benedizione; e ancora la differenza che passa tra una persona beata/felice e una che invece non lo è.

A ben vedere quanto abbiamo sentito fornisce non soltanto la descrizione dello stato delle cose ma ne dà anche l’interpretazione, ossia procura le motivazioni e soprattutto ne orienta il giusto processo.

La persona che confida nel Signore è come un albero piantato lungo corsi d’acqua, le cui radici non seccano mai e la cui vitalità è sempre garantita. Al contrario, la persona che confida nelle proprie forze, è come un albero di corte radici e per di più piantato in terra arida.
È facile comprendere questa immagine e calarla nella nostra vita. Più complesso è invece il giusto processo nell’applicazione concreta, che abbiamo attraverso le beatitudini, dove si proclama beato/felice il povero. (Sono più conosciute quelle del cap.5 di san Matteo). Così come duemila anni fa, anche oggi stride il contrasto e sovente -anche nei mondi piccoli o grandi che siano delle realtà ecclesiastiche- si fatica non poco a comprenderne la pienezza di significato.

In un mondo che, comunque se ne dica, anche a distanza di 2000 anni da quando queste parole sono state pronunciate, considera più o meno maledetti da Dio i poveri e tutti coloro che si trovano in qualsiasi situazione di disagio se non addirittura di indigenza, Gesù continua a proclamare le sue beatitudini, vale a dire che costoro non solo non sono maledetti da Dio ma che al contrario Dio è dalla loro parte; ed è così, si schiera dalla loro parte, in quanto si è fatto egli stesso povero nella persona del Figlio. Ma soprattutto la Parola di Dio ci illumina e ci insegna che le situazioni di maledizione, di povertà, di disagio, di squilibrio sono causate proprio dal fatto che l’uomo confida in se stesso a prescindere da Dio. Papa Francesco nella enciclica Fratelli tutti ha dei passaggi straordinari in merito; per tutti cito il seguente: (107) “Ogni essere umano ha diritto a vivere con dignità e a svilupparsi integralmente, e nessun Paese può negare tale diritto fondamentale…Quando questo principio elementare non è salvaguardato, non c’è futuro né per la fraternità né per la sopravvivenza dell’umanità”.

D’altra parte i guai pronunciati dal Signore sono un ammonimento affinché nel presente storico di ogni epoca, per noi oggi, si possa attuare la stessa dinamica di Dio, ossia mettersi dalla parte dei poveri ed essere con loro solidali. E, come insegna Papa Francesco, eliminare ogni stato di ineguaglianza e squilibrio.
A tale riguardo nel corso dell’udienza per i 50 anni di Caritas Italiana, papa Francesco ha esortato a guardare sempre la storia con gli occhi degli ultimi, dei poveri e alla la luce del Vangelo. Guardare la storia con gli occhi dei poveri significa saperla costruire e interpretare secondo criteri di giustizia, di solidarietà, di pace, rispetto, ecc. alla luce del Vangelo ossia alla luce dell’esperienza viva del Signore Gesù. Ha inoltre detto e ripeto per noi oggi che se così osservata la storia si costruisce bene, autentica, buona; diversamente sarà sempre di parte, generatrice delle più aberranti situazioni per qualunque società e per l’intera umanità.

Mettersi dalla parte dei poveri, pertanto significa non tanto concedere scampoli/avanzi di tempo e risorse, quanto piuttosto iniziare percorsi o processi autenticamente umani che abbiano alla base i principi di giustizia. A tale proposito il Concilio Vaticano II è molto chiaro quando afferma che non si deve dare per carità ciò che è dovuto per giustizia.

Carissimi fratelli e sorelle, il nostro santo Patrono Valentino, si è collocato nella storia come persona saldamente fondata e radicata in Cristo, come albero piantato lungo corsi d’acqua viva. Le sue radici umane hanno attinto alle sorgenti della salvezza e hanno tessuto la sua vita con una infinità di trame d’amore che, intrecciando sapientemente tra loro i numerosissimi fili, hanno potuto produrre mirabili arazzi di rara bellezza, costruiti intorno a fonti storiche, tradizioni e leggende.

Arriva fino a noi oggi san Valentino col suo cuore grande, colmo d’amore per Dio e per quanto Dio ha creato e ristabilito attraverso l’opera d’amore del suo Figlio. Egli ha saputo incarnare lo spirito delle Beatitudini evangeliche e perciò si è schierato e quindi si è posto dalla parte degli ultimi.

Il suo cuore colmo d’amore è il riflesso di quello di Cristo, e si presenta a noi affinché ogni nostro cuore possa avere le medesime caratteristiche.

Molto abbiamo da apprendere in questo senso: da purificare ed esaltare il sentimento d’amore; collocarlo lungo le sorgenti d’acqua viva, di modo che non intristisca con il trascorrere dei giorni, non porti il nostro cuore ad aritmie o scompensi di sorta che col tempo lo possano atrofizzare irrimediabilmente; l’amore non appassisca come il fiore non sufficientemente irrorato ma al contrario, così alimentato alle sorgenti del vero Amore possa diventare sempre più completo, più forte, più profumato, robusto, maturo e costantemente generativo. Perché, come si esprime il Cantico dei Cantici, “Forte come la morte è l’amore…Le grandi acque non possono spegnere l’amore né i fiumi travolgerlo”.

Cari fratelli e sorelle san Valentino ci incoraggia sulla via del bene, consapevole che davanti a certe questioni complesse, anche gli apostoli di Gesù ebbero delle perplessità, dei dubbi, fino anche ad affermare “se le cose stanno così non conviene impegnarsi”. Davanti a simili posizioni Gesù risponde interfacciando cioè proponendo alla convenienza l’opportunità. Anche ai nostri giorni tante questioni vengono affrontate e portate avanti seguendo i soli criteri di convenienza e così facendo –lo capiamo benissimo- si operano tutti quegli scarti che generano ingiustizie, squilibri fazioni e sopraffazioni ecc. (Guardate la frase appena citata non era riferita a quanto oggi potremmo inquadrare in ambito sociale, si riferisce invece alla reazione che ebbero gli apostoli dinanzi al discorso sulla indissolubilità del matrimonio: “se è così non conviene sposarsi”). Ecco, in sintesi, il discorso o meglio il solo principio di convenienza non contribuisce affatto alla crescita autentica sia della persona come della famiglia e quindi della società, della nostra città. È necessario comprendere la grande opportunità che ci viene offerta nell’incarnare nella nostra vita il Vangelo, seguendo l’esempio di coloro che lo hanno saputo fare, di coloro che ci hanno creduto e ci hanno creduto tanto che non hanno minimamente mollato e lo hanno testimoniato sino alla fine. Con coraggio, senza paura, senza timore.
Anche in questo caso la Sacra Scrittura -quindi di riflesso la vita dei santi- ci consegna pagine illuminanti sul rapporto tra l’amore e il timore. In particolare richiamo solo la famosa affermazione: “L’amore vince il timore”.

Carissimi concittadini Ternani, carissimi tutti devoti del nostro santo Patrono, sta davanti a noi il bell’ esempio, fulgido, fresco e attuale di san Valentino che, amandoci come figli, ci incoraggia a non avere timore e perciò a nutrire il sentimento puro dell’amore. Egli offre pertanto anche oggi alla nostra città -così come nella tradizione- una rosa rossa… Una rosa, che andando ben oltre un ipotetico vago e fugace sentimento di infatuazione, indica una strada: quella che dagli occhi si dirige e si tuffa nel cuore e lo orienta verso l’Amore vero; l’amore grande che sostanzialmente mira alla costruzione di un bene grande e totalizzante -proprio com’è l’amore- ossia il bene comune.
Come egli, s. Valentino fece -e la raffigurazione iconografica testimonia- affidiamo per il suo tramite tutte le nostre intenzioni e progetti di vita a Maria Santissima; affidiamo questa nostra città, facendola passare dalle nostre fragili mani e braccia su quelle più robuste e sicure di Madre; quelle mani che seppero accogliere in maniera unica il Figlio di Dio, dalla nascita fino alla morte, perché possa così benedire Terni, preservarla da ogni male e farla sviluppare mediante il germoglio di quei buoni semi di amore che le nostre madri e i nostri padri hanno sapientemente disseminato nel corso della storia di questa nostra città. Amen”.

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