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Borsa immobiliare della Camera di commercio dell’Umbria: “Semplificare al massimo il Superbonus 110%”

In Italia abbiamo circa 27 milioni di immobili l’85% dei quali è stato edificato, fra il 1950 ed il 2000, quindi abbiamo un intero patrimonio immobiliare da riqualificare.

In questo contesto i due Superbonus al 110% (per efficientamento energetico e prevenzione antisismica), sono uno strumento chiave, un autentico volano per la ripartenza e il rilancio della filiera dell’edilizia, per la rigenerazione urbana, per garantire maggiori livelli di risparmio energetico e per la messa in sicurezza del patrimonio edilizio pubblico e privato.

“Il Superbonus 110% quindi sembra essere davvero interessante, un’occasione da cogliere al volo  – nota Marco Maiotti, componente del Comitato di Listino della Borsa immobiliare dell’Umbria – considerando che riesce ad accontentare – almeno sulla carta – tutti gli attori interessati: il proprietario dell’immobile che può far effettuare dei lavori di efficientamento energetico e di miglioramento sismico nella propria abitazione praticamente a costo zero; l’impresa che può riattivare dei cantieri in un momento di forte crisi a causa anche degli effetti della pandemia di Covid-19; le banche o le assicurazioni che finanziano in toto i lavori percependo quel 10% del 110 in eccesso rispetto all’effettivo costo dei lavori.

Ma ad esempio per lavori di efficientamento energetico, è stata stimata – in termini economici – la differenza fra una abitazione con una classe energetica ottima, tipo l’A4, ed una pessima come la classe “G”?

Ebbene si, l’importo è di circa 30.000,00 euro di risparmio in 20 anni fra bollette di luce e gas.

“Un importo tutt’altro che indifferente – commenta Marco Maiotti – e che determinerà la maggior compravendita di immobili energeticamente efficienti a dispetto di quelli più dispendiosi: tutto ciò determina scelte precise nel mercato immobiliare da parte di un potenziale acquirente giustamente sempre più informato.

Purtroppo però – sostiene Maiotti – i dati non sono troppo confortanti: ad oggi dei quasi 19 miliardi dedicati alla misura, solo 670 milioni sono stati effettivamente richiesti per la cantierizzazione dei lavori.

Sulla base di questo semplice assunto quindi, i risultati di questa prima fase di applicazione del superbonus devono considerarsi complessivamente negativi, attestandosi a meno del 5% delle risorse effettivamente stanziate.

Ma quali sono allora i motivi di questa che possiamo definire una “falsa partenza” del Superbonus 110%?

Proviamo ad analizzarne alcuni: innanzitutto il fattore principale può essere ricercato nei numerosi e ridondanti passaggi burocratici necessari per formulare la richiesta e poter mettere effettivamente in opera il cantiere, districandosi fra le numerosi asseverazioni iniziali, intermedie e finali protocollate dei tecnici – con  relativa loro assunzione di responsabilità.

Questa estrema lentezza e debolezza amministrativa degli uffici tecnici dei Comuni, unitamente alla confusione accumulatasi negli anni tra piani urbanistici e vari condoni succedutisi nel tempo specialmente al Sud Italia, dove la macchina amministrativa è storicamente meno agile, la poca chiarezza informativa della reale opportunità offerta dal Superbonus e non ultimo, gli aumenti dei costi delle materie prime, rischiano di depotenziare l’eccezionale portata di uno fra i pochi interventi statali intelligenti degli ultimi anni.

L’imperativo pertanto è semplificare al massimo il Superbonus 110% per consolidare la ripresa dell’edilizia in Italia, recuperare gli oltre 161mila posti di lavoro persi per la pandemia da Covid.

Come detto, purtroppo la complessità burocratica di queste misure fra tempi di attesa, documentazione e valutazioni di banche e aziende su cessione del credito o sconto in fattura, frenano gli effetti espansivi attesi.

Ecco perchè queste ottime misure agevolative hanno sicuramente bisogno di una prospettiva di lungo periodo, di una visione che ne consolidi gli effetti, per renderli strutturali nell’arco almeno di 10 o 20 anni, arrivando ad includere tutte le categorie catastali, anche non residenziali.

Le capacità moltiplicative dei bonus si legano a una serie di azioni che devono aiutare le imprese che producono tecnologie sul territorio e favorire gli investimenti infrastrutturali necessari.

Bisogna recuperare la nostra vocazione manifatturiera e industriale in maniera sostenibile invece di continuare a puntare sull’urbanizzazione massiccia delle nostre metropoli, con un inutile consumo di suolo.

Occorre puntare decisamente al recupero e al miglioramento abitativo dei nostri borghi italiani e delle nostre città: sono queste che rappresentano il vero patrimonio della nazione, con la loro unicità apprezzata universalmente dal clima mediterraneo, dall’enogastronomia e dal made in Italy, come marchi apprezzati in tutto il mondo.

Dobbiamo dar voce alla coscienza ecologica, green, fortemente radicata nelle nuove generazioni che sempre più compiono scelte consapevoli per il loro bene futuro.

E’ auspicabile che tutto ciò non rappresenti l’ennesima occasione sprecata, frutto di un’ottica miope e di breve periodo, ma sia una riformulazione globale organica e strutturale degli incentivi a sostegno dell’edilizia.

Agevoliamo quindi questi interventi che ci faranno spendere meno, vivere meglio e più sicuri nelle nostre città che tutto il mondo ci invidia; cogliamo al volo l’ opportunità storica offerta dal Superbonus 110%, recuperiamo i nostri borghi abbandonati, le atmosfere e la socialità che solo essi sanno offrire, la cui qualità di vita sta già da tempo attirando l’interesse di molti investitori stranieri. Facciamo diventare l’Italia paese green d’Europa.

Foto: TerniLife ©

 

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