Il rapporto tra territorio e multinazionali è una opportunità reciproca che può determinare rilevanti vantaggi competitivi, se multinazionali, imprese locali, istituzioni e società civile si impegnano in questa direzione. La disponibilità di piccole e medie imprese dell’indotto, con il loro patrimonio di know-how e risorse umane specializzate, che condividono le stesse procedure, gli stessi valori orientati alla qualità e all’efficienza, la stessa conoscenza del territorio è un vantaggio per le multinazionali che se ben gestito porta nel lungo periodo a minori tempi di lavorazione, minori costi, massimizzazione ed efficientamento delle produzioni, relazioni positive.
La valorizzazione delle relazioni sistemiche degli insediamenti produttivi sul territorio dovrebbe essere la priorità delle politiche di sviluppo locale tramite incentivi alle collaborazioni, ai trasferimenti di conoscenza e all’innovazione tra le imprese appartenenti anche a settori diversi, con particolare riferimento al rilancio del polo siderurgico e del polo chimico, con conseguente ampliamento dell’indotto.
Invece spesso questi temi sono assenti dal dibattito cittadino e in più manca chiarezza di idee sugli aspetti ambientali. Se è vero che il nostro territorio ha pagato e paga un tributo enorme in termini ambientali per l’industrializzazione dell’Italia, i tradizionali ragionamenti o retropensieri che adombrano una qualche corrispettività a questo proposito devono essere abbandonati una volta per tutte.
Occorre cambiare radicalmente prospettiva: la nostra storia ci pone di fronte alla coesistenza delle produzioni siderurgiche e chimiche in area urbana densamente abitata. Nell’ottica della transizione verde, nel quale si muove il recovery plan, Terni ha un ruolo di frontiera avanzata, dove si deciderà se questa conformazione è compatibile o meno con i nuovi parametri ecologici. Non è possibile eludere il problema contestando i dati o promuovendo divisioni tra la popolazione o peggio usando la questione per vertenze di piccolo cabotaggio. Occorre, se se ne hanno le capacità, trasformare il problema in opportunità, occorre un programma di bonifica ambientale tale da costituire una direttrice di sviluppo locale ed occorre investire nell’eccellenza anche ambientale delle produzioni siderurgiche e chimiche, con le collegate implicazioni nella ricerca, con realizzazioni stabili che diano valore ulteriore ai poli produttivi del territorio anche sul mercato degli investitori.
In particolare, con riferimento alla siderurgia, non dovrebbe essere necessario fare richiami in favore di questa relazione positiva poli produttivi-PMI dell’indotto – territorio, perché tale relazione è patrimonio culturale acquisito della comunità ternana, considerato che le lavorazioni siderurgiche sono centrali nel nostro territorio da oltre due secoli, ben prima della fondazione delle acciaierie.
“Invece nel momento meno opportuno in coincidenza con la profondissima crisi determinata dalla pandemia – afferma il direttore di Confartigianato Terni Michele Medori – ci troviamo a registrare il crescente disagio delle imprese locali nei rapporti con AST, che negli ultimi periodi più che a promuovere una partnership territoriale e a preservare il valore dell’indotto sembra orientata a rapporti di fornitura di breve e brevissimo periodo, incentrati sulla eccessiva compressione dei prezzi di acquisto e dei margini dei fornitori”.
Confartigianato Terni esprime forte preoccupazione perché tali condotte di scrematura generano circoli viziosi: dalla precarietà dei rapporti di fornitura discende infatti l’impossibilità di investire sul futuro della propria organizzazione di impresa e quindi le forniture trimestrali si ripercuotono in contratti di lavoro trimestrali, i quali a loro volta impediscono il riassorbimento della manodopera in caso di sostituzione del fornitore. Una situazione che mette a rischio l’immediato futuro dell’assetto produttivo del territorio che sta dipanando i sui effetti deleteri nella disattenzione delle istituzioni locali e delle organizzazioni sindacali.
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