(Dal Corriere dell’Umbria) La Regione Umbria ha chiesto lo stanziamento di ristori per le due settimane di zona rossa rafforzata. Con una missiva inviata ieri 8 febbraio al governo, al termine di un’attività frenetica Perugia-Roma nel week end, la presidente Tesei chiede di equiparare l’ordinanza regionale alle norme del dpcm che fanno scattare il rimborso per le attività chiuse.
Del resto è stato lo stesso Iss, insieme al Ministero della Salute d’accordo con Palazzo Donini, a chiedere le misure della zona rossa rafforzata dopo della scoperta delle varianti Covid inglese e brasiliana.
Nell’ultimo decreto ristori per il lockdown di marzo e aprile l’Agenzia delle entrate aveva quantificato in 120 milioni gli stanziamenti per il cuore verde. In questo caso, facendo i dovuti rapporti, si tratterebbe di circa 30 milioni di euro.
Ma Palazzo Donini vuole includere anche le attività economiche non direttamente coinvolte dalle chiusure ma comunque danneggiate indirettamente al mini lockdown. Anche in zona arancione. Non solo: ristori anche alle famiglie per la dad dei figli. E altre richieste sul fronte sanitario. L’Umbria attraverso le analisi dei campioni ha permesso l’individuazione delle varianti ora rilevate anche in altre regioni d’Italia: ora esige mezzi e somme anche per implementare la biosorveglianza e la campagna di screening. Chieste anche dosi aggiuntive di vaccini e medici. La chiusura nei 65 comuni interessati – provincia di Perugia più sei comuni del Ternano (Amelia, Attigliano, Calvi dell’Umbria, Lugnano in Teverina, Montegabbione e San Venanzo) partita ieri 8 febbraio e fino al 21 dello stesso mese prevede la chiusura di negozi, centri commerciali, mercati, bar, ristoranti, centri estetici, musei, teatri, cinema, palestre, piscine. Aperte edicole, tabaccherie, parrucchieri e barbieri. Niente caccia e circoli ricreativi chiusi. Stop alle attività sportive, se non in forma individuale e all’aperto, stavolta in tutta la regione (anche nella zona arancione). Chiuse anche tutte le scuole di ogni ordine e grado, istituti pubblici e privati, compresi nidi e materne. E in questo caso è la prima volta che accade. Nei 65 comuni è disposto anche “il divieto di consumazione di alimenti e bevande all’aperto nei luoghi pubblici, per l’intera giornata, il divieto di distribuzione di alimenti e bevande, mediante distributori; il divieto di svolgimento delle attività sportive e ludiche di gruppo, nei parchi ed aree verdi, nonché il divieto di utilizzo delle aree gioco”.
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