Mancano 330 medici nel servizio sanitario dell’Umbria, “lavoriamo sopra le forze, mettendo a dura prova la nostra stessa integrità psichica e fisica, rischiando di erogare un servizio di pessima qualità”.
Questo l’ultimo grido di allarme, lanciato dal Sindacato dei medici “CIMO”, che si va ad aggiungere ai tanti emessi, in precedenza, da ogni sigla sindacale in rappresentanza di ognuna delle categorie di addetti alla sanità umbra.
Sono segnalate situazioni limite in quasi tutti gli ospedali della regione: Perugia, Foligno, Pantalla, Spoleto e Terni, dove già a Novembre aveva perso la vita un paziente che si era visto annullare per ben due volte l’intervento programmato, per la mancanza di anestesisti.
Sempre rimanendo a Terni, l’ospedale ha adibito il 5° piano al ricovero dei pazienti Covid, trasferendovi medici, infermieri, anestesisti di altri reparti. Reparti costretti, a loro volta, nei mesi scorsi, a ridurre l’attività anche al 20% del loro potenziale.
Questa situazione è la conseguenza delle politiche di tagli alla Sanità effettuate per decenni indifferentemente da governi di centro-sinistra e di centro-destra, sia nazionali che regionali.
Ma non mancano solo i medici ospedalieri.
I medici di medicina generale, tra cui quelli di famiglia, avrebbero potuto e dovuto essere il primo argine al diffondersi dell’epidemia, ma sono stati lasciati, in numero inadeguato e senza dotazione di mezzi di protezione, a reggere un urto insostenibile. Le USCA, che avrebbero dovuto permettere il trattamento domiciliare dei malati Covid, si sono dimostrate inefficaci sia per lo scarso numero attivato, sia perché al personale, formato principalmente da giovani neo-laureati, non è stata fornita la necessaria strumentazione.
E’completamente saltato il fondamentale sistema di tracciamento: era inevitabile visto anche il depotenziamento delle strutture delle ASL preposte alla prevenzione ed alla epidemiologia.
La gran parte dei tamponi necessari viene effettuato a pagamento e negli ambulatori privati; la maggior parte delle persone contagiate e loro famiglie, abbandonate a se stesse, costrette ad arrangiarsi come meglio possono ed a proprie spese.
Quello che è sotto gli occhi di tutti è che la Giunta Regionale Umbra è stata travolta dalla seconda ondata epidemica.
Nel lasso di tempo intercorso tra la prima e la seconda ondata, la Giunta Regionale non ha assunto e formato nuovi medici, infermieri, tecnici, sperando in una miracolosa estinzione dell’epidemia.
Perché è avvenuto ciò? Non solo per incapacità, impreparazione, improvvisazione. A nostro giudizio ci sono anche altri, più gravi motivi.
Il primo è che la Tesei e la sua Giunta non stanno facendo altro che attuare il proprio programma politico che era, ed è, quello di favorire la sanità privata a scapito della pubblica, seguendo il modello leghista lombardo veneto.
Il secondo, è che lo stato di emergenza è necessario e funzionale a quell’obiettivo. Da qui la scelta degli ospedali da campo provvisori, o dei box prefabbricati, da smantellare appena vinta la pandemia, piuttosto che investire in strutture fisse e durevoli nel tempo come, ad esempio a Terni, quella della ex Milizia, a cento metri dall’ospedale e di proprietà dell’Ater e della Regione Umbria.
In questa direzione va anche la scelta di centellinare le assunzioni di personale, ricorrendo ai contratti a termine sia negli ospedali che nelle ASL. Tutto e tutti provvisori ed a scadenza.
Nelle altre regioni, come la Toscana, che offrivano contratti a tempo indeterminato, sono andati a lavorare i giovani anestesisti, e molti altri medici, laureatisi all’Università di Perugia.
D’altronde, anche per affrontare l’imminente vaccinazione di massa, è stato annunciato dal Governo nazionale, proprio questi giorni, che, per assumere il personale medico e paramedico necessario, si ricorrerà ad agenzie per il lavoro (private) ed a contratti interinali temporanei.
Passata la pandemia tutto dovrà tornare come prima, alle gravi carenze strutturali, alla mancanza di posti di letto e di personale che tutti lamentavano. E noi tutti avremo perso forse l’ultima occasione che ci è data di tornare a dotarci di un Sistema Socio-sanitario Nazionale pubblico, universale e gratuito come quello delineato e provato ad istituire dalla legge 833 del 1978.
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