Mark Crosthwaite è un docente inglese che da tre anni ha deciso di lasciare Londra e trasferirsi a Terni. Dal blog Quassù e Laggiù di Barbara Miliacca, riportiamo l’intervista.
Mark, a Londra aveva un lavoro sicuro e appagante: perché ha deciso di trasferirsi in Italia?
“Eravamo appena tornati dal nostro viaggio di nozze quando Cristina (sua moglie, ndr.) ha ricevuto un’offerta di lavoro a Roma. Stavamo già pensando alla possibilità di trasferirci in Italia per vari motivi – Londra è stancante, a Cristina mancava la famiglia e il sole e a me piaceva l’idea di una nuova avventura all’estero – e quest’offerta è stata la spinta decisiva. Dopo due anni alla bella Garbatella, Cristina è rimasta incinta e abbiamo deciso di spostarci a Terni per essere più vicini ai nonni e per avere un appartamento più grande. Ovviamente la vita qui è diversa da Londra e Roma, ma mi piace stare in una città a misura d’uomo“.
Cosa le manca di più di Londra?
“Mi manca un po’ l’atmosfera multiculturale in cui si può vedere, sentire e mangiare tutto il mondo. Anche il fatto che, poiché non avevo la macchina, mi spostavo sempre con i mezzi pubblici o a piedi. Londra è una città facile e divertente da girare a piedi, quindi mi manca un po’ questo senso di libertà. Detto ciò, non mi mancano per nulla le folle, i viaggi lunghi per andare a trovare gli amici dall’altra parte della città e l’imprevedibilità del tempo“.
Tre lati negativi della cultura inglese e di quella italiana?
“È una domanda difficile e devo dire che questi difetti possono diventare pregi in certi contesti. Gli italiani devono parcheggiare proprio davanti al negozio/ufficio/spiaggia, anche se non c’è posto, per evitare di dover camminare due minuti. La gente, almeno al centro-sud Italia, non si cura molto degli spazi pubblici. Il terzo difetto è che gli italiani sono molto, molto orgogliosi della loro cultura e cucina, ma in realtà hanno ragione”.
Lei dice che ‘la vita qui è diversa da Londra e Roma’, che significa?
“Gli inglesi invece sono a volte troppo formali – non è sempre così, ma c’è di sicuro un po’ di verità in questo stereotipo: l’eccessiva politeness (buone maniere) può sfociare in un comportamento passivo–aggressivo – hai mai preso la metro londinese di mattina? Il terzo difetto accomuna i miei connazionali agli italiani: un orgoglio un po’ esagerato, anche se esiste un umorismo autoironico che trovo molto divertente”.
Lei è diventato papà di una splendida bambina che sta crescendo bilingue. Come avviene la comunicazione in casa vostra?
“Fra di noi comunichiamo maggiormente in inglese (anche Cristina è insegnante di inglese) e cerchiamo di parlare ognuno la propria madrelingua con Emma, anche se non siamo proprio rigidi in questo. Infatti, c’è qualche volta un mix (qualche frase mi viene più facilmente in italiano ormai!) ma speriamo di non confondere troppo la piccola. A noi piace giocare un po’ con la lingua, quindi inventiamo spesso nuove parole – Emma è la nostra “sweetina” ad esempio”.
Ci parli del suo lavoro di docente e dei progetti futuri.
“Ho lavorato a lungo in un noto college di Londra – il South Thames College – come insegnante di inglese per stranieri. Mi trovavo spesso a gestire classi con studenti di otto-dieci nazionalità diverse, perciò era sempre un lavoro interessantissimo. Sono anche diventato mentor per docenti in formazione, un ruolo al quale tenevo molto. In Italia ho insegnato in diversi contesti – prestigiose università come la Luiss, scuole di lingua, aziende, sindacati, uffici pubblici – e così ho conosciuto un sacco di persone simpatiche. Ora lavoro come libero professionista e offro corsi e lezioni one-to-one e in gruppo. Per fortuna ho potuto continuare a lavorare online durante la pandemia”.
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