I dati confermano che gli effetti della crisi, devastanti per il territorio di Terni nell’ultimo decennio, non sono terminati, ma anzi continuano a colpire duramente. Lo testimonia ad esempio il forte aumento della cassa integrazione, con oltre 1,6 milioni di ore richieste nella provincia di Terni nei primi 11 mesi del 2019, circa 400mila in più rispetto al 2018. Ma a preoccupare è anche il calo delle esportazioni, registrato in Umbria nell’ultimo trimestre dell’anno appena concluso dopo un lungo periodo con il segno più, dato che impatta particolarmente in una provincia a forte vocazione manifatturiera come quella ternana. È con questo quadro non certo rassicurante – al quale si aggiungono i dati sull’invecchiamento della popolazione – che la Cgil di Terni ha aperto la sua conferenza stampa di inizio anno. Ad illustrarle la situazione, il nuovo presidente regionale dello Ires Cgil, Fabrizio Fratini, recentemente subentrato a Mario Bravi: “Purtroppo questi numeri e queste tendenze confermano le nostre analisi e le nostre preoccupazioni – ha detto Fratini – così come confermano i nostri dubbi rispetto a uno strumento come il reddito di cittadinanza che, numeri alla mano, si è dimostrato inadatto a rispondere alle difficoltà di carattere economico ed occupazionale del territorio”.
“Che la crisi nel nostro territorio non sia alle spalle è sotto gli occhi di tutti – ha detto il segretario generale della Cgil di Terni, Claudio Cipolla – Anzi, è sempre più evidente che la nostra provincia sconta difficoltà maggiori rispetto al resto dell’Umbria”. Cipolla ha sottolineato in particolare un dato molto allarmante, quello riferito alla popolazione inattiva, arrivata in provincia di Terni a 105mila unità, dato superiore a quello della forza lavoro. Accanto a questo va poi registrato, secondo il segretario Cgil, per chi un lavoro ce l’ha, un peggioramento quasi generalizzato della qualità dell’occupazione. “Si sono ridotti diritti, tutele e salario – ha detto Cipolla – e questo nonostante la contrattazione difensiva che come sindacato non abbiamo mai smesso di fare e che ha certamente limitato i danni”.
E proprio rispetto al ruolo del sindacato di fronte alle difficoltà del tessuto sociale, Cipolla ha rivendicato alcuni risultati significativi: “Nonostante il calo e la frammentazione del lavoro, chiudiamo il 2019 con un incremento di iscritti, nell’ordine delle 600 unità, superando così i 24mila tesserati. E anche sul fronte della tutela individuale offerta dalla nostra rete di servizi (ufficio vertenze, patronato Inca e servizi fiscali Caaf) registriamo un numero di accessi altissimo, circa 54mila nel corso del 2019”.
Questo, secondo il segretario Cgil, testimonia due cose contemporaneamente: da una parte che c’è sempre più bisogno di assistenza perché la crisi acuisce disuguaglianze e ingiustizie; dall’altra che al sindacato, alla Cgil in particolare, è riconosciuto un ruolo importante, non solo difensivo, ma di garanzia e rispetto dei diritti delle persone.
“Ma non siamo qui di certo a cantare vittoria – ha concluso Cipolla – Anzi, siamo consapevoli della necessità di migliorarci e fare sempre di più, della necessità di essere più presenti nei luoghi di lavoro e tra le persone e di praticare una contrattazione che sia davvero inclusiva, senza lasciare nessuno indietro. Perché la crisi ha allargato le disuguaglianze a dismisura e il compito della Cgil è proprio quello di combatterle queste disuguaglianze, offrendo rappresentanza e tutela a tutte le persone. Ne siamo convinti: per sconfiggere la rassegnazione c’è bisogno di più sindacato e noi intendiamo esserci”.
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