Tra il 2016 e il 2018 “Micropolis“, mensile umbro di politica, economia e cultura, ha pubblicato 27 inserti dedicati a “Un viaggio in Umbria”. È stato il tentativo di comprendere come i diversi territori della regione avevano reagito alla crisi, che cosa era cambiato, quali erano i momenti di tenuta e le criticità, interrogando i protagonisti: operai licenziati, in cassa integrazione o in produzione, studenti, sindacalisti di base, membri dei comitati che si battono per la valorizzazione del territorio e per la difesa dell’ambiente, operatori sociali e culturali, terremotati, imprenditori, intellettuali.
Ne è emerso un quadro variegato e composito in cui i tentativi di reazione si intrecciano alla rassegnazione, dove emerge in modo puntiforme lo sforzo di reagire ad un flusso di avvenimenti che ha portato l’Umbria ad essere una delle ultime realtà italiane per quanto riguarda il prodotto interno lordo, e l’occupazione, mentre sono in crescita lavoro precario, povertà, degrado ambientale. Si è affermata l’idea che la politica – che ha avuto un ruolo decisivo per garantire crescita economica, qualità dei servizi, reddito dell’Umbria – oggi non esprime un progetto e una visione. Da ciò la rabbia, il rinchiudersi in esperienze settoriali e di gruppo, il ripiegamento individuale, la sfiducia. Sono i prodromi di un cambiamento che ha investito i protagonisti tradizionali del sistema politico ed istituzionale umbro, già manifestati nell’ultima tornata elettorale amministrativa, che inciderà nei prossimi anni sugli equilibri economici e sociali e sulla stessa fisionomia dei gruppi dirigenti.