“Le operazioni di chirurgia istituzionale, come quella delle 24 aggregazioni illustrata dalla CNA Umbria, rischiano di essere un puro esercizio cartografico, non tenendo conto di alcuna forma di programmazione ma soprattutto quella delineata su basi europee delle aree interne”.
Lo dice il coordinatore Anci Piccoli Comuni Umbria e sindaco di Montecchio, Federico Gori, che interviene sullo studio pubblicato dalla CNA relativo alla fusione dei Comuni (LEGGI).
“Questi enti meritano rispetto – scrive Gori – per la loro storia ed identità, tanto è vero che anche la Costituzione dedica loro attenzione quando all’art. 5 “riconosce” le Autonomie Locali come preesistenti lo Stato unitario e si impegna a difenderle e valorizzarle.
Il fallimento della legge sull’obbligo associativo, la n°78/2010 – osserva – giunta eccessivamente al sesto rinvio e rimasta pressoché inattuata, dovrebbe pur insegnare qualcosa: siamo di fronte ad istituzioni che, al di là del numero di abitanti, rappresentano in Italia il 70% dei Comuni, fanno manutenzione al 54% del territorio, amministrano oltre 10 milioni di abitanti, custodiscono e preservano un patrimonio storico, artistico, monumentale ed ambientale che caratterizza l’intero nostro Paese.
Le discussioni che ruotano attorno all’istituto della fusione dei Comuni – dice ancora – vanno avanti da anni, tuttavia il tema è tornato al centro del dibattito grazie ai recenti interventi governativi volti ad incentivare e semplificare le relative procedure di attuazione. Questi interventi rendono in alcuni casi il percorso di fusione Comuni più praticabile, così come stanno facendo i Comuni di Giano dell’Umbria e Gualdo Cattaneo.
Bisogna stare attenti – avverte Gori – che vengano considerate determinate condizioni di autonomia ed identità, il cui mancato rispetto ha portato al fallimento dei tentativi di fusione che si sono susseguiti nella nostra regione.
Come si fa – si chiede il coordinatore Piccoli Comuni – a parlare di risparmi ed investimenti in un comparto come quello degli enti locali, Comuni e Province, che nell’ultimo decennio ha subito 17 miliardi di euro di tagli, tre volte in più di quello che ha interessato i Ministeri?
Si cominci col restituire loro il maltolto, visto che rappresentano il 2% della spesa pubblica ed hanno contribuito all’abbattimento del deficit nazionale quasi per il 20%.
Lo spopolamento e l’invecchiamento dei 5535 Comuni sino a 5000 abitanti a cui stiamo purtroppo assistendo non sono una colpa, ma il frutto di politiche dissennate che tendono a gonfiare le periferie urbane ed a raschiare risorse nelle istituzioni politicamente più deboli.
Perché – prosegue Gori – la CNA Umbria non studia invece il rilancio dell’artigianato tradizionale e d’arte e delle produzioni tipiche nei nostri Borghi e Paesi? Perché non rivendica un piano di riassetto idrogeologico e sismico del territorio che faccia dei Borghi e Paesi umbri dei presidi attivi, rilanciando investimenti ed occupazione ed evitando future tragedie?
Perché non collabora insieme a noi a delineare una strategia di ripresa e crescita nazionale che abbiamo chiamato controesodo? Cioè perché non si affianca a noi che forse ancora per poco, difendiamo identità, tipicità, ambiente che fanno dell’Umbria non solo il cuore verde d’Italia, ma un patrimonio di tutti, attraverso progettazione comune e attività condivisa?
Discutere sulle forme di associazionismo, purché non obbligatorie e a freddo – conclude – come ci sembrano quelle oggetto della proposta della CNA Umbria si può, ma invertire l’attuale situazione, si deve. Auspichiamo un produttivo confronto nel merito della questione, con gli amministratori locali che restano i protagonisti principali del delicato tema”.
Foto (archivio) Terni Life ©