“Vietare libri, riviste, giornali ai detenuti significa vessare, non prevenire. Anzi, se solo quei detenuti avessero letto più libri anche da liberi forse avrebbero commesso meno crimini mafiosi”.
Lo afferma Patrizio Gonnella, presidente dell’Associazione Antigone, che si batte per i diritti nelle carceri, in vista della decisione della Corte Costituzionale, che domani esaminerà le norme che vietano che i detenuti sottoposti al regime duro del 41 bis possano ricevere libri e riviste.
“In primo luogo – dice Gonnella – grazie al magistrato Fabio Gianfilippi che ha posto la questione davanti alla Corte. Il diritto a informare ed essere informati, il diritto alla formazione della propria coscienza, il diritto allo studio, il diritto alla libertà di opinione e pensiero non c’entrano nulla con la prevenzione del fenomeno mafioso”.
La questione arriva all’attenzione della Consulta attraverso un magistrato di sorveglianza di Spoleto, Fabio Gianfilippi, che ha raccolto l’appello di un detenuto in regime di 41 bis a Terni. I giudici costituzionali la esamineranno domani in camera di consiglio, relatore il giudice Franco Modugno, avvocato dello Stato Maurizio Greco.
Al centro c’è appunto l’art. 41 bis – e in particolare il comma 2 – dell’ordinamento penitenziario, che consente all’amministrazione penitenziaria di adottare circolari e disposizioni che impediscano ai detenuti sottoposti al carcere duro, di ricevere dall’esterno o spedire all’esterno libri e riviste.
Foto: (archivio) Terni Life ©