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“CIBO DI GUERRA”, LA CARITAS PRESENTA UNO STUDIO SUI CONFLITTI DIMENTICATI

Domani nelle sale espositive del Museo diocesano di Terni si terrà  il convegno “Cibo di guerra – presentazione del rapporto di Caritas italiana sui conflitti dimenticati” con gli interventi di Cristina Montesi dell’Università degli Studi di Perugia, dipartimento di Economia sede di Terni, di Raffaele Federici dell’Università degli Studi di Perugia dipartimento di Ingegneria Civile ed ambientale sede di Terni, di Ideale Piantoni Direttore della Caritas Diocesana di Terni-Narni-Amelia.

Il volume rappresenta la quinta tappa di un percorso di studio sui conflitti dimenticati realizzato da Caritas Italiana a partire dal 2002, che fornisce le principali coordinate culturali e scientifiche sui fenomeni di guerra e sul rapporto tra guerra e cibo. Inoltre, sono riportati i risultati di due indagini sul campo: una ricerca relativa alla presenza delle persone in fuga dalla guerra nel circuito di accoglienza Caritas e un’indagine sulla diffusione dei video di guerra e terrore sulla Rete. Ed infine, vengono segnalate le proposte e linee di intervento sul tema del conflitto e del problema alimentare, rivolte ai principali attori, pubblici e privati.

L’analisi dei diversi contesti dei paesi del mondo e degli interventi messi in atto dalle azioni umanitarie mostrano come l’agire non sia sempre facile, per questo è necessario comprendere con attenzione le caratteristiche dei vari contesti. La fame e la guerra non sono un evento imprevedibile, causato da forze incontrollate: sono invece il frutto di scelte deliberate, spesso consapevoli dei propri effetti e risultati. ll racconto delle persone vittime di guerra, di violenza, di persecuzione, restituisce uno spaccato complesso.  Nel rapporto sono riportati diversi dati:  il 20% delle persone fugge dal conflitto in Libia, il 12,1% dalla Nigeria, il 9,1% dall’Ucraina, il 7,1% dal Gambia;  sono individui piuttosto giovani, nel 71,9% dei casi non superano i 34 anni di età, solo l’1,4% è costituito da anziani ultra65enni; il 20% vive con la famiglia al seguito. Un terzo delle persone vive presso istituti o comunità di accoglienza (33%). Un’altra quota importante vive da sola (26,3%);  le persone in fuga da situazioni di guerra manifestano soprattutto problemi legati all’esperienza migratoria (32,6% dei bisogni/problemi rilevati), alle esigenze abitative (16,9%), alla carenza di risorse economiche (16,8%), alla sfera lavorativa (15,5%). La richiesta di beni materiali rappresenta la richiesta di aiuto più diffusa (34,1%), seguita dalla richiesta di un’abitazione o di un alloggio, per se stessi o in vista dell’arrivo della propria famiglia (39,9%).

Foto: web ©

 

 

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