L’Unione Sindacale di Base Terni interviene sull’istituto delle Progressioni Economiche Orizzontali al Comune di Terni, applicato sulla base di un accordo non condiviso dalla RSU e dalla maggioranza delle OO.SS. più rappresentative nell’Ente.
Sulle progressioni orizzontali – scrive in una nota il sindacato – abbiamo sempre fornito dati e riferimenti in merito alla quantificazione del fondo e quali possibilità erano in campo per attuare tale istituto. Avevamo sviluppato, (ricevendo la convergenza di altre OO.SS.) proposte che potessero, attraverso il principio di equità e solidarietà, diminuire una forbice salariale che con il tempo, nel nostro Ente, sta diventando troppo evidente. Questa amministrazione ha invece voluto continuare ad agire nel solco della divisione, rendendosi disponibile a sottoscrivere un accordo, così atteso ed importante, con OO.SS. che esprimono una rappresentanza pari circa il 10% dei lavoratori evitando di cercare un consenso più ampio tra le parti, come invece avrebbe dovuto fare. Questo proprio per non cambiare l’unica proposta alla quale anche l’assessore, era veramente interessata: la sua! A nostro avviso, è questo l’atto più grave che si è determinato nel percorso di attuazione di questo importante istituto contrattuale, perché dimostra tutta la contraddizione che esprimono i fatti rispetto alle continue affermazioni del Sindaco, sul ruolo centrale della RSU. Ovvio che per logica conseguenza, chi si è prestato a queste forzature, permettendo all’amministrazione di attuare per intero i suoi piani, ha le stesse se non maggiori responsabilità, soprattutto nei confronti della RSU. Ci sia permesso di continuare nel solco della sincerità e chiarezza. Nel rispetto che si deve ai lavoratori e senza alimentare false aspettative, possiamo affermare con ragionevole certezza, che pensare ad ulteriori progressioni orizzontali nel 2016, è un esercizio di pura fantasia. I motivi sono semplici ed attengono alla matematica, prima ancora che alle disposizioni previste dalla legge vigente, in particolare all’ultima Finanziaria. Il fondo delle progressioni orizzontali è praticamente saturo perché con queste ultime, tutti i soldi a disposizione sono stati utilizzati. Nel salario accessorio non possono essere inserite ulteriori risorse per espresso diniego di legge, anzi la Finanziaria obbliga ad una nuova riduzione in relazione ai pensionamenti. Si aggiunga la pesante situazione di bilancio e debitoria dell’Ente, per comprendere quanto sia impossibile pensare a risorse aggiuntive. Neanche l’attuazione dei Piani di Miglioramento, (che l’amministrazione continua ad ignorare), qualora producessero risultati certificati, potrebbero portare a nuove progressioni, perché la normativa obbliga a destinare quelle eventuali risorse prodotte alla parte variabile, vietando ogni tipo di stabilizzazione nel fondo. Solo i risparmi derivanti da probabili pensionamenti (utilizzabili però solo dal 2017) potrebbero produrre minimi risultati, ma sarebbero del tutto insufficienti a dare quelle risposte che in molti si aspettano”.
“Quindi ad oggi – continua la RSU – a prescindere da chi è stato legittimo destinatario dell’ultima progressione orizzontale, quella forbice che l’USB voleva ridurre in molti casi si è allargata ulteriormente, ed il divario salariale è aumentato. Ciò non per elementi spiccatamente meritocratici, ma come si è visto, sulla base dell’anzianità di permanenza nella categoria economica di riferimento o nell’Ente. Come dire che il criterio usato ricalca il famoso detto, “chi tardi arriva male alloggia!” Non è proprio l’obiettivo che l’Assessore si era impegnata a cogliere”.
Cosa fare ora? “Tentare almeno di difendere il salario accessorio dai futuri tagli previsti dalla Finanziaria in relazione ai pensionamenti, non sarebbe male. Tanto per iniziare si potrebbe cercare di non applicare il metodo consigliato dalla Ragioneria Generale dello Stato, e cioè la stessa formuletta che dal 2011 al 2014 ha determinato un taglio di oltre 266.000 Euro. Una formula matematica non può costituire il solo elemento da prendere in considerazione. I lavoratori sono donne e uomini, non sono macchine. Le persone vanno in pensione, ma le mansioni e le responsabilità non spariscono, anzi vanno ad aumentare i carichi di lavoro di chi in pensione non può ancora andare. Allora non si può permettere di tagliare il salario accessorio in maniera così ampia e, se volete, così superficiale, non considerando i riflessi dei pensionamenti sugli aspetti di ordine organizzativo, perché così facendo si permetterebbe di sommare al danno anche la beffa. Come sempre svolgeremo appieno il nostro ruolo come O.S. ed anche all’interno della RSU, per far maturare una consapevolezza che al momento sembra non trovare il giusto riscontro delle parti in causa, necessaria a determinare scelte ed accordi di qualità e di miglior favore per il personale di questo Ente”.
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