Domenica, 14 febbraio (ore 10 piazzale ATC, vicino alla stazione di Terni), si scende in piazza per la chiusura degli inceneritori.
Il Comitato No Inceneritori fa un appello precisando che “quello di domenica 14 febbraio sarà un momento in cui scenderà in piazza la città. Tutti e tutte, come cittadini e persone esposte alle nocività, sono invitati a partecipare. Dunque nessuna bandiera di partito, sindacato o associazioni affini, lasciamo libera la città di esserci senza condizionamenti. Allo stesso modo vogliamo puntualizzare: domenica si scende per la chiusura degli inceneritori, non per un generico no all’incenerimento. Chi verrà prenderà questo impegno, ciascuno nel suo ambito, di fronte agli altri che saranno in piazza. Se amiamo Terni, difendiamo la salute dei concittadini per una visione nuova del futuro della città”.
I PARTITI NELLA SOLITA AREA GRIGIA: CONTRO L’INCENERIMENTO O CONTRO GLI INCENERITORI? SFUMATURE DI SOSTANZA Verifichiamo come dopo vent’anni di esistenza degli inceneritori ora tutti i partiti siano contrari. E non solo quelli che hanno finto di contrastarli per vent’anni, ma anche quei partiti che dalla fine degli anni ’90, sia in sede comunale che provinciale e regionale, hanno sostanzialmente voluto gli inceneritori. Perché si dà il caso che gli inceneritori nella Conca, tre fino al 2007 e oggi “solo” due, non siano nati per caso come funghi, e conosciamo ampiamente le loro storie. Pensiamo ai partiti e agli amministratori che li hanno voluti e continuamente autorizzati, senza mai opporre problemi di salute pubblica, ma lasciando che fosse la letteratura “grigia” dell’Osservatorio Ambiente e Salute a raccontare la non eccezionalità della Conca Ternana, in una rassicurante narrazione sullo stato di salute dei ternani e delle ternane. Ecco, questi, oltre ad essere contrari all’incenerimento, sono davvero pronti ad affrontare nelle sedi opportune le aziende che oggi sono proprietarie degli inceneritori? Sono quindi contrari gli inceneritori in quanto tali, perché dimostrati inutili e perché la salute pubblica è ormai al centro della discussione pubblica e della mobilitazione popolare? Oppure sono contrari alle contingenze chiamate Sblocca Italia, css, al generico “incenerimento di rifiuti”, lasciando quindi ampio spazio di manovra e sopravvivenza alle aziende proprietarie degli impianti? Perché si da il caso che solo pochi hanno provato ad inceppare i processi autorizzativi in atto, a smascherare le modalità con cui per anni è stato negato l’effettivo stato di salute e di contaminazione della Conca, a denunciare omissioni e connivenze delle agenzie di prevenzione e protezione. Tra questi pochi non vi sono certo i vari partiti. Mentre invece erano presenti quando, a partire da metà anni 2000, venivano presentati mirabolanti programmi di raccolta differenziata, che hanno avuto il ridicolo risultato dello scarso 40% di raccolta differenziata per Terni, garantendo, per un decennio almeno, un flusso costante di rifiuti verso la discarica di ACEA ad Orvieto. Li aspettiamo quindi alla prova dei fatti insieme alla Presidente della Regione Marini, perché ancora una volta ricordiamo loro che, anche senza i rifiuti dello Sblocca Italia o del CSS, sia ACEA che Terni Biomassa continueranno comunque a funzionare. Da che parte stanno? Siamo convinti che non gli convenga più rimanere nell’area grigia dove è vero tutto e il contrario di tutto, ma che abbiano il coraggio di assumersi una scelta che è per il futuro della città.
LA RACCOLTA DIFFERENZIATA AFFAMA L’INCENERITORE, LA BANALE VERITA’ DERISA PER ANNI Da metà anni 2000 abbiamo registrato presentazioni di piani di raccolta differenziata per la città a cadenza più o meno annuale. Nessuno degli obbiettivi stabiliti nel Piano Regionale dei Rifiuti, nelle delibere di Giunta Comunale, nel Piano d’Ambito, sono stati minimamente raggiunti. Come spiegarlo? Lo scarso 40% della città di Terni è la dimostrazione di una volontà politica, non dichiarata, di continuare ad alimentare la discarica di ACEA ad Orvieto, spendendo decine di milioni di euro per il conferimento. Non può esserci altra spiegazione plausibile, a fronte di una gestione alternativa che invece in altre aree del paese recupera soldi dalla vendita del riciclato e dalla diminuzione del conferimento in discarica. Ora, proprio a fine 2015, assistiamo all’ennesimo lancio di una nuova campagna di raccolta porta a porta. Un nuovo gestore, la municipalizzata del Comune di Terni, che senza alcuna evidenza pubblica ha scelto il proprio partner privato nel mondo cooperativo “di area”; partner con alle spalle un decennio di associazione con Salvatore Buzzi, uomo di spicco delle cooperative di area di Mafia Capitale, con indagini aperte e una sua società colpita da interdittiva antimafia a Viterbo. Anche in questo caso il silenzio di molti che per anni, fino ad oggi, hanno stretto forti alleanze col mondo economico “di area”, pesa come un macigno. A fronte però dei fallimenti gestionali e finanziari delle società privatizzate o miste pubblico/private, vedi GESENU nel perugino, l’Amministrazione Comunale e i Comuni dell’Ambito non hanno pensato minimamente alla gestione pubblica della raccolta dei rifiuti, che esperienze diverse in Italia invece hanno rilanciato. Staremo a vedere quanto questa gestione mista sarà finalizzata alla valorizzazione dei rifiuti. Se quindi punterà al riciclo e al recupero di materiali da una buona raccolta differenziata, oppure sarà l’ennesima gestione che punta a produrre combustibile da rifiuti, CSS. Così vuole la Regione, ma l’amministrazione locale si sarebbe detta contraria. A noi cittadini spettano due compiti fondamentali: dimostrare, facendolo bene nelle nostre case, che il porta a porta funziona quando le persone sono messe in grado di farlo e vigilare sul buon andamento della raccolta e della gestione dei Rifiuti/Risorse post raccolta, affinché non siano destinati alla produzione di CSS o direttamente inceneriti.
SE NON POSSIAMO CONTROLLARE I DATI DELLE EMISSIONI, RIPRENDIAMO IL CONTROLLO SULLE ESPOSIZIONI In questi venti anni chi ha amministrato questo territorio ai vari livelli non ha creato alcuna resistenza al fatto che i produttori di rischio abbiano per legge il controllo totale sui dati delle emissioni, che infatti vengono monitorati e comunicati in autocertificazione. Mentre le amministrazioni e le agenzie come ARPA e ASL, riconoscendo di fatto questo status quo, non hanno valutato, come nelle loro competenze, il livello delle esposizioni, tanto da aver partecipato per venti anni alle decine di conferenze di servizi svolte per autorizzare i vari inceneritori, senza opporre mai un problema di salute pubblica. Diciamo “mai” per significare, carte alla mano, il pieno significato del termine. Ci si è al massimo attestati come ha fatto ultimamente la ASL2 alla “conta dei morti”, al dato della mortalità, dato epidemiologico dalle mille interpretazioni e, considerato da solo, di scarso valore. Omettendo invece il dato dell’incidenza delle varie patologie, ben più complesso e completo, perché tiene dentro non solo l’insorgere delle malattie potenzialmente mortali (da cui però si guarisce ogni tanto, diminuendo quindi la mortalità generale), ma anche di quelle croniche le quali, concretamente, fanno vivere peggio. Oggi è questo ciò che deve stare alla base della decisione politica e amministrativa e la strada l’ha segnata lo Studio SENTIERI. Altre indagini servono? Se fatte da istituti indipendenti e non dalla solita Cattedra di Igiene di Perugia come è ora, servono ad avere una quadro migliore dello stato di salute, ma ai fini della dimostrazione della nocività sul lungo periodo degli inceneritori esistono vari studi che portano sempre alle stesse conclusioni: nelle popolazioni esposte alle emissioni di inceneritori risultano sempre incidenze superiori di varie patologie rispetto a quelle non direttamente esposte (Lione, Vercelli, Modena etc). Che altro serve per dimostrarne la nocività? Ci dimostrino il contrario i produttori di emissioni.
COSA FARE?
La città, i ternani e le ternane, da anni stanno dimostrando, in un crescendo costante di partecipazione e consapevolezza, la chiara volontà di chiudere con la stagione dell’incenerimento. La salute compromessa, l’esistenza di alternative già praticate, sono gli elementi alla base di questa rivendicazione e fanno parte di un sapere diffuso e comune, che è andato aumentando grazie al lavoro continuo e costante, fatto di decine di iniziative e momenti di mobilitazione. A questo processo di crescita le istituzioni devono saper corrispondere esercitando i propri poteri. Oggi hanno la concreta possibilità di rigettare l’istanza di Terni Biomassa, che senza Autorizzazione Integrata Ambientale sarà costretto a chiudere. Come hanno la possibilità di rigettare l’istanza di ACEA di modifica parziale del combustibile e di chiedere il riesame dell’Autorizzazione Integrata Ambientale, perché nel frattempo sono insorte nuove evidenze scientifiche sullo stato di salute pubblica. Inoltre il Comune di Terni dovrà rigettare ogni istanza presentata presso le diverse autorità competenti per nuovi impianti a biomasse e biogas, di qualunque taglia. Piccole lobbies locali troppo abituate a camminare nei corridoi del Palazzo stanno in questi ultimi tempi riaffacciandosi. Un’altra fonte di emissioni sarebbe troppa. Le imprese ovviamente reagiranno, ma gli enti locali hanno ancora potere per decidere.
Foto (archivio) TerniLife ©